Mondo

Stati Uniti. «Da lunedì scatteranno i primi arresti per il Russiagate»

Redazione Esteri sabato 28 ottobre 2017

Il procuratore speciale Robert Mueller indaga sul cosiddetto "Russiagate" (Ansa/Ap)

Un Gran giurì federale statunitense ha approvato venerdì le prime incriminazioni nell'inchiesta sul Russiagate, condotta dal procuratore speciale Robert Mueller, che indaga sulle presunte interferenze russe nelle elezioni presidenziali Usa del 2016. Lo ha confermato a Reuters una fonte informata. I nomi delle persone indagate e la natura delle ipotesi di reato restano per il momento riservati, su ordine di un giudice federale. Nuove rivelazioni potrebbero arrivare lunedì, giornata in cui - secondo quanto riportato dalla Cnn - sarebbero previsti i primi arresti.

Le agenzie di intelligence Usa, nello scorso mese di gennaio, sono arrivate alla conclusione che la Russia ha interferito nelle elezioni per favorire l'attuale presidente Donald Trump contro la candidata democratica Hillary Clinton. Persone vicine ai servizi segreti di Mosca, secondo l'accusa, avrebbero influenzato l'opinione pubblica attraverso azioni di hacking, tra cui la pubblicazione di email imbarazzanti e la diffusione di notizie false attraverso i social media. L'inchiesta del procuratore speciale Mueller si concentra sull'ipotesi che manager della campagna elettorale di Trump e suoi collaboratori abbiano incontrato e colluso con agenti russi. Fonti vicine alle indagini spiegano che Mueller, dalla sua nomina lo scorso 17 maggio, ha approfondito i legami tra l'entourage di Trump e alcuni governi stranieri, oltre che le ipotesi di riciclaggio di denaro, evasione fiscale e altri crimini finanziari. Un altro filone dell'inchiesta riguarda la presunta ostruzione alla giustizia da parte di Trump per il licenziamento del direttore dell'Fbi, James Comey.

Tra gli altri, gli investigatori hanno sentito l'ex capo dello staff della Casa Bianca, Reince Priebus, e l'ex portavoce del presidente, Sean Spicer. La squadra di Mueller indaga anche su Michael Flynn, consigliere della campagna di Trump e, in seguito, consigliere alla Sicurezza nazionale. Flynn fu costretto a lasciare dopo aver mentito al vicepresidente Mike Pence sulle sue conversazioni con l'ambasciatore russo Sergeij Kislyak.