Mondo

REPRESSIONE A SHANGAI. Ora il «vescovo ribelle» rischia di perdere la carica

Stefano Vecchia martedì 11 dicembre 2012
Privato della libertà personale dal 7 luglio scorso quando affermò di non riconoscere la legittimità dell’Associazione patriottica dei cattolici cinesi e rifiutò di prendere il calice della comunione con un vescovo scomunicato dalla Santa Sede, il coadiutore monsignor Aloysius Jin Luxian. Ora il vescovo ausiliare di Shanghai, monsignor Taddeus Ma Daqin rischierebbe di perdere la sua carica ecclesiastica.Una decisione che sarebbe stata presa, secondo le fonti locali riprese ieri da AsiaNews a conferma di quanto diffuso dall’agenzia cattolica asiatica Ucan, dal Consiglio dei vescovi cinesi, organismo non riconosciuto dalla Santa Sede. Si aspetta in questo senso una conferma formale, attesa dopo il coraggioso gesto del prelato – conferma AsiaNews – divenuto in questi mesi un esempio di coraggio per molti sacerdoti e vescovi della Cina.   Monsignor Ma, che non è più riapparso in pubblico da luglio, è detenuto agli arresti domiciliari nel seminario diocesano vicino al santuario della Madonna di Sheshan. Oltre a non potersi muovere, il pastore non può nemmeno portare tutti i segni del suo ruolo episcopale e, più recentemente, di concelebrare la Messa con altri sacerdoti. Ostracismo e limitazioni hanno toccato anche seminaristi e suore che avevano sostenuto il gesto del vescovo e che per questo sono stati puniti. Suor Liu, a capo delle religiose della diocesi, è stata sollevata dall’incarico per non essersi dissociata dalle consorelle che non avevano partecipato all’ordinazione disertata da molti nel clero locale. Tra settembre e ottobre, inoltre, un’ottantina di esponenti del clero e dei religiosi e altrettante suore sono stati costretti a un corso di «riabilitazione» la cui frequenza e il superamento del test finale erano stati indicati come determinanti per il loro futuro ecclesiastico. L’Associazione patriottica dei cattolici, nata nel 1958, sostiene la creazione di una Chiesa indipendente dalla Santa Sede, con vescovi approvati dalle autorità civili, sebbene proposti secondo la discendenza apostolica da vescovi a loro volta designati da altri in origine approvati dalla Santa Sede. Del Consiglio dei vescovi, fanno parte solo quelli riconosciuti dal regime e in alcuni casi apertamente scomunicati. Di conseguenza, non può farne parte monsignor Ma Daqin che ha rinnegato la sua appartenenza all’Associazione patriottica dei cattolici cinesi. La mossa delle autorità, se confermata, ridimensionerebbe le aspettative di molti dentro e fuori della Chiesa in Cina, che la nuova dirigenza del Partito comunista uscita dal congresso di novembre, possa indicare un cambiamento di linea rispetto alla politica religiosa ufficiale.