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La due giorni. Renzi a Netanyahu: la sicurezza di Israele è la nostra

Roberta d'Angelo mercoledì 22 luglio 2015
L’atmosfera cordiale, le battute e gli inviti non sono sufficienti a mascherare la preoccupazione del premier israeliano, e quando Benjamin Netanyahu prende la parola, il suo appare come un grido di dolore rivolto al presidente del Consiglio italiano: «L’accordo con l’Iran rappresenta una grande minaccia per Israele, l’Europa e tutto il mondo e metterà Teheran in condizione di avere a disposizione decine di armi atomiche entro 10 anni». Matteo Renzi lo ascolta, consapevole di dover affrontare il tema tanto delicato, ovvero quello che Netanyahu considera «un cattivo accordo» e «un errore storico». Ma le posizioni restano distanti, sebbene il capo del governo cerchi parole rassicuranti. L’Italia sostiene il compromesso ma ritiene che «la sicurezza di Israele è la sicurezza dell’Europa e anche la mia: abbiamo un destino comune da condividere», è la risposta dell’inquilino di Palazzo Chigi.  Per Renzi, che inizia la sua visita all’Università di Tel Aviv e si fermerà fino a oggi nel Paese, dove parlerà alla Knesset, i punti di convergenza tra i due Stati sono tanti e vengono da molto lontano. «Israele è il Paese delle nostre radici, delle radici di tutto il mondo e anche il Paese del nostro futuro», dice. I legami tra Italia e Israele «sono molto forti, in particolare in politica estera».  E allora il nostro capo del governo ci tiene a rassicurare il leader del Likud, incontrato nel pomeriggio a Gerusalemme, per nulla convinto delle parole renziane sull’accordo contro il nucleare che mette fine all’embargo con Teheran, festeggiato da Europa e Stati Uniti come una grande conquista. «A volte il mondo intero può sbagliare – commenta Netanyahu –. Andò così con la Corea del Nord». E il presidente del Consiglio italiano sa bene quanto siano antichi i timori di Israele. Per questo, spiega, «dobbiamo impegnarci per lottare contro l’antisemitismo perché è una minaccia per la pace e può essere sfruttato dal terrorismo». A sancire l’impegno del nostro Paese, Renzi lascia il suo messaggio nel libro dello Yad Vashem a Gerusalemme: «La Shoah è parte integrante della nostra identità di italiani ed europei. Abbiamo la responsabilità del ricordo e dell’impegno, giorno dopo giorno, contro l’antisemitismo, vera minaccia per la pace. Mai più! Mai più! Mai più!». E al museo dell’Olocausto insiste sulla «responsabilità del ricordo e dell’impegno quotidiano, giorno dopo giorno».  Quindi a Netanyahu assicura che Italia e Israele «condividono un rapporto speciale, abbiamo radici forti. La nostra amicizia è forte e possiamo renderla ancora più forte, c’è una cooperazione di successo». Di più, dice il presidente del Consiglio, «Israele per l’Italia potrebbe essere un modello da seguire. Nei prossimi anni il futuro per l’Italia non sarà una discussione continua sulle riforme – ragiona ancora con i vertici della cultura israeliana – ma nella capacità d’immaginare nuove idee e noi dobbiamo cercare di rafforzare questo ponte».  Dunque, arrivando Renzi aveva spiegato di essere «stato impaziente di compiere questa visita: per me venire in Israele significa ritornare a casa, è il luogo dove le radici della nostra cultura si possono ritrovare».  A Netanyahu rivolge un invito che non vuole essere di circostanza: «Ti aspetto, con Sara (la moglie, ndr) a Milano in agosto per l’Expo e poi anche a Firenze in futuro». Un invito che il premier israeliano accoglie confermando che «sarà all’Expo», un evento di «grande successo ». Parole che Renzi apprezza: «Grazie per la tua partecipazione», commenta, ricordando l’importanza del tema della manifestazione mondiale in corso a Milano, incentrato proprio sull’importanza di “nutrire il pianeta”. La visita di Netanyahu potrà essere una delle «grandi opportunità per incrementare la nostra amicizia».