Mondo

MOSCA. Pussy Riot condannate a due anni per la canzone contro Putin

Giovanni Bensi venerdì 17 agosto 2012
Le tre componenti della “punk band” femminile russa Pussy Riot sono state condannate. Ieri si sono viste infliggere, dal tribunale del quartiere moscovita di Khamovniki, due anni di carcere perché riconosciute colpevoli del reato di teppismo motivato dall’odio religioso, dopo che nel febbraio scorso avevano inscenato una protesta contro il Cremlino da un’iconostasi della cattedrale ortodossa di Cristo Salvatore a Mosca, dove avevano recitato una “preghiera punk” chiedendo alla Vergine Maria di liberare la Russia dal presidente Vladimir Putin. L’avvocato delle Pussy Riot ha annunciato ricorso. La pubblica accusa aveva chiesto una condanna a tre anni di reclusione. Le imputate «hanno commesso un atto di teppismo basato su motivi di odio e ostilità religiosa», ha detto il giudice Marina Syrova in tribunale. Le tre Pussy Riot in Russia, e anche all’estero, con un’interpretazione un po’ equivoca, sono state idealizzate come «combattenti per la libertà di espressione», complice il regime piuttosto autoritario di Putin. Centinaia di persone, riunite all’esterno del tribunale, hanno gridato «Libertà!» e «Russia senza Putin», mentre la polizia fermava diversi attivisti, tra cui alcuni leader dell’opposizione. Le tre ragazze, Nadezhda Tolokonnikova, 22 anni, Maria Aljokhina, 24 anni, e Ekaterina Samutsevich, 30 anni, si sono difese affermando di protestare contro gli stretti rapporti tra Putin e la Chiesa ortodossa, e hanno detto che non intendevano offendere i credenti. La Chiesa ortodossa ha esortato le autorità a mostrare clemenza «senza mettere in dubbio la legittimità della sentenza». Gli oppositori di Putin, tornato alla presidenza a maggio, sostengono che il processo rientri nell’ambito di un più ampio giro di vite orchestrato dall’ex colonnello del Kgb contro il movimento di protesta. Ma la sentenza è anche secondo Amnesty International un colpo alla libertà d’espressione in Russia. Al procedimento si attribuisce una motivazione politica, anche se il gesto delle Pussy Riot sarebbe stato sanzionato in qualsiasi altro Paese. Il Consiglio d’Europa ha espresso «sgomento» per il verdetto. Il Dipartimento di Stato Usa ha parlato di sentenza «sproporzionata» e chiesto che il caso «venga riesaminato».