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PRIMAVERA ARABA. Siria, un altro venerdì di sangue Marocco, il re apre alle riforme

sabato 18 giugno 2011
Collera, rabbia e ancora morte. È il quattordicesimo Venerdì di protesta in Siria, questa volta dedicato significativamente a Saleh al-All. È l’eroe alauita che guidò la prima ribellione contro i francesi nel 1918: la propaganda rivoluzionaria ricorre anche alla retorica nazionalista per allargare il consenso alle rivolte. La minoranza alauita è la stessa a cui appartiene la dinastia degli Assad: un segnale per dimostrare che la primavera siriana non ha una matrice fondamentalista e si rivolge anche alla minoranza al governo.La rivolta parte come sempre a rilento dopo la grande preghiera di mezzogiorno. La prime manifestazioni sono segnalate a Latakia, Homs e Qamishli. Grande tensione e dispiegamento di forze nelle “città fantasma” di Maarrat al-Numan e Khan Sheikhon, presidiate da colonne di blindati per impedire che le «bande armate» blocchino l’autostrada che collega Damasco e Aleppo.Un estenuante braccio di ferro fra il governo e la protesta che dura da più di tre mesi nonostante il pugno di ferro del regime e il controllo delle informazioni che filtrano solo attraverso i social network degli attivisti. È un triste e stanco copione: la polizia spara sulla folla a Homs, in un quartiere di Damasco dove pietre e pneumatici hanno fermato il traffico in alcuni sobborghi e a Deir al-Zour, nella Siria orientale. Secondo la Bbc la manifestazione più massiccia si è svolta attorno alla moschea di al-Nour a Homs. Secondo un testimone vi è stato almeno un morto, mentre i feriti sarebbero una quindicina. Alcuni manifestanti sono stati uccisi a Damasco, nella capitale orientale di Deir al-Zour e nella provincia meridionale di Daraa dove due uomini sono stati uccisi mentre cercavano di strappare un poster di Assad. In tutto, secondo i siti della rivolta, sono almeno 20 le vittime secondo il coordinamento dei comitati locali. Tra le persone uccise ci sarebbe anche il primo caduto ad Aleppo, seconda città della Siria, importante centro commerciale legato alla classe dirigente alauita sinora rimasta estranea agli scontri. Una protesta che ha raggiunto ieri il Libano: nella città portuale di Tripoli una manifestazione di solidarietà alla popolazione siriana è degenerata in scontri tra sunniti e alauiti provocando almeno sei morti. Il presidente Assad, che aveva annunciato un discorso per illustrare una nuova fase di riforme, è rimasto in silenzio tutto il giorno. Non hanno taciuto, invece, i profughi siriani delle tendopoli allestite in Turchia che ieri hanno indetto uno sciopero della fame di protesta contro una «comunità internazionale», che resta «spettatrice» di fronte ai massacri in Siria. La protesta è stata annunciata ad Altinozu, poco prima dell’arrivo dell’attrice Angelina Jolie, ambasciatrice dell’Onu per i rifugiati che ha visitato per due ore il campo profughi. Dopo il monito di Russia e Cina contro ingerenze straniere ieri è stata una giornata di attesa per le diplomazie: lunedì prossimo a Bruxelles al vertice dell’Ue non verrà nessun inasprimento delle sanzioni nonostante sia Francia che Germania siano favorevoli. Forse il giro di vite sarà deciso al summit del 23 e 24 giugno, mentre lunedì i ministri degli Esteri europei chiederanno alla Siria di fare entrare  osservatori internazionali, operatori umanitari e giornalisti. Luca GeronicoMAROCCO Una proposta di riforma costituzionale con un’apertura ai partiti, la ridefinizione della figura del monarca e l’avvio di una serie di riforme. È quello che ha annunciato ieri il re del Marocco, Mohammed VI, in un discorso alla nazione a tarda ora i cui passaggi chiave sono stati anticipati dal suo staff. La riforma proposta ai partiti politici verrà sottoposta a un referendum che si terrà il primo luglio e prevede un rafforzamento dell’autorità del primo ministro e del Parlamento. «Il governo – ha spiegato il monarca – «sarà frutto del suffragio universale diretto».Il Marocco, in altre parole, diventerà una «monarchia parlamentare, costituzionale e sociale» con il ruolo del monarca quale garante dell’unicità dello Stato. Il re sarà rappresentante supremo non più della nazione (come viene definito nell’attuale Carta), ma dello Stato, assumendo su di sé un profilo che lo lega alle istituzioni dello Stato e non più soltanto al popolo. Mohammed VI ha anche parlato di «una forte collaborazione tra le istituzioni del regno e in particolare tra la casa reale e il Parlamento e le altre istituzioni». Nel suo discorso, il monarca ha affrontato il tema dell’identità marocchina, di cui fanno parte «le componenti dell’Andalusia araba, dell’Africa e quella ebraica marocchina». Il nuovo Marocco riconoscerà inoltre la minoranza berbera e la sua lingua come lingua ufficiale del Paese. In un panorama arabo deflagrante e segnato dalla reticenza di molti leader (come Gheddafi, Saleh e Assad) all’evoluzione in senso democratico, la scelta del re marocchino appare più che saggia. Imboccando la via delle riforme, il re non solo risponde alle richieste di cambiamento che arrivano dal basso, ma riesce probabilmente a inaridire, prima che germogli, il seme della protesta popolare che in molti Paesi del mondo arabo ha portato a rivoluzioni e guerre. Nei giorni scorsi al re era stata consegnata la bozza della nuova Carta, alla cui revisione ha lavorato la commissione istituita dopo il discorso del 9 marzo scorso, con il quale il monarca annunciava la sua intenzione di procedere ad una modifica della stessa Costituzione, aprendo alle riforme. È prevista entro domani un’assemblea dei rappresentati di tutti i partiti politici marocchini, di maggioranza e opposizione, che studieranno capitolo per capitolo la nuova Costituzione. Salito al trono nel 1999, Mohammed VI concentra attualmente nelle sue mani molti poteri. È lui a scegliere i ministri chiave (Esteri, Interni, Difesa, Affari Religiosi, ad esempio) e a detenere le prerogative in economia. Ciò non toglie che negli anni di regno siano state compiute varie riforme. A cominciare dal ritorno degli esuli politici, l’attenuazione della censura e le inchieste sulle violazioni dei diritti umani durante il lungo regno di suo padre, Hassan II. Un’importante conquista è rappresentata dall’approvazione della «Mudawwana», lo statuto sulla famiglia che ha concesso nuovi diritti alle donne marocchine. Camille Eid