Mondo

Iraq. Nella Piana di Ninive primo ritorno a casa per una famiglia cristiana

mercoledì 1 febbraio 2017

Il primate caldeo mar Louis Raphael Sako sulla piana di Ninive (Radio Vaticana)

La comunità cristiana irachena ha festeggiato ieri il primo ritorno di una famiglia cristiana a Teleskuf nella Piana di Ninive. Un evento storico, perché segna il ritorno dei cristiani in una delle tante cittadine della piana di Ninive, nel nord del Paese, cadute nelle mani dello Daesh nell’estate del 2014. Un periodo buio caratterizzato da morte, distruzione di chiese e di case, centinaia di migliaia di fedeli in fuga che, solo negli ultimi mesi, ha registrato una inversione di tendenza con l’inizio dell’offensiva dell’esercito irakeno e delle milizie curde. Interpellato da AsiaNews il primate caldeo mar Louis Raphael Sako, che nelle scorse settimane era stato nella piana per incontrare la popolazione, ha manifestato “gioia” e “soddisfazione” per questo evento; mar Sako auspica che sia solo la prima di molte famiglie che possono infine abbandonare i campi profughi di Erbil e del Kurdistan iracheno, per fare rientro nelle loro terre, nelle loro case.

Il patriarca spiega che la prima famiglia a essere rientrata a Teleskuf - nel maggio scorso teatro di un attacco jihadista avvenuto dopo la liberazione dell’area - è formata da sei persone. Il capofamiglia, Naòiq Quliaqus Atto, la moglie e tre figli. A questi si aggiunge anche il fratello dell’uomo. “Sono tornati nella loro casa - conclude Sako - dopo aver trascorso due anni e mezzo come sfollati in un centro a Dohuk. A accogliere la famiglia vi era il sacerdote locale, padre Salar Bodagh, responsabile del comitato di ricostruzione. Questo è davvero un segno di speranza per molti altri”.

Dopo le gravi e sistematiche violenze compiute dagli jihadisti, nelle ultime settimane l’area orientale liberata di Mosul e i villaggi della piana di Ninive hanno avviato un lento processo di ritorno alla normalità. Per consentire il pieno rientro degli sfollati bisogna ricostruire le case e mettere in sicurezza i terreni, disseminati di mine dagli jihadisti prima della fuga. Da qui i ripetuti appelli del patriarca alle autorità e ai leader internazionali perché si proceda davvero a un’opera di ricostruzione in una prospettiva di unità e pluralismo fra le diverse anime che popolano la regione, sia a livello di fede che di etnia. E ancora, l’auspicio che Mosul e Ninive possano essere, nel futuro, un vero modello di vivere comune e di libertà religiosa.

Nei giorni scorsi il patriarcato caldeo ha elaborato un elenco delle cittadine della piana di Ninive liberate dall’esercito irakeno (Qaraqosh, Karamleis, Bartella e Tilkeif) e quelle liberate dai Peshmerga curdi (Teleskuf, Batnaya, Baqofa). Secondo un censimento del 1987, in Iraq vi erano 1,264 milioni di cristiani, oggi ridotti a poco meno di 500mila. In particolare, a Mosul e nella piana prima dell’ascesa dello Daesh vi erano circa 130mila fedeli; oggi meno di 90mila, di cui 40mila hanno lasciato l’area in seguito a persecuzioni e dislocamento.