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Testimonianza. Il patriarca Younan: «Per noi nessuno si muove Quando torneremo a casa?»

Roberto Zanini sabato 27 settembre 2014
«La domanda più frequente che mi fanno è: “Patriarca, torneremo mai a casa?”. E io non so dare risposte. I loro vicini di casa musulmani, con i quali sono cresciuti e hanno condiviso tutto, li hanno traditi. Qaraqosh, dove abitavano 50mila cristiani, oggi è deserta. Anche i fondamentalisti dell’Is l’hanno abbandonata. I curdi che sono stati forniti di armi dall’Europa dovrebbero riconquistarla, ma per i cristiani non si muove nessuno». Anzi, i cristiani iracheni fuggiti dalla piana di Mosul che si rifugiano nei limitrofi territori curdi, nella speranza di tornare, sono costretti a pagare l’affitto per restare. Il Patriarca siro-cattolico di Antiochia Ignatius Youssef III Younan è stato particolarmente severo nel denunciare il precipitare della situazione in Iraq, parlando ieri alla Camera dei deputati in un dibattito per la presentazione del documentario Syria’s christian exodus  sul genocidio dei cristiani in Medio Oriente, realizzato dalla giornalista Elisabetta Valgiusti. L’incontro è stato coordinato da Pierluigi Castagnetti. Insieme al Patriarca e a Valgiusti c’era il direttore di  Avvenire  Marco Tarquinio. Il filmato oltre a presentare immagini della distruzione di decine di chiese, opere monumentali,  intere comunità e quartieri cristiani in Siria e Iraq, propone molte interviste ai profughi, anche islamici, nei campi di raccolta e davanti ai pochi templi ancora agibili. Interessanti le testimonianze degli esponenti religiosi delle locali Chiese cattoliche e ortodosse. Come il patriarca di Damasco Gregorio III Laham che sottolinea: «Questo estremismo islamico in Medio Oriente non c’è mai stato e non c’è modo di fare la pace se i musulmani non si riconciliano fra loro». «In questa guerra – ha detto il Patriarca greco melchita cattolico di Aleppo Jean-Clément Jeanbart – che vede il crescente martirio dei cristiani sono evidenti i tre segni del “maligno” indicati nel Vangelo: menzogna, denaro e sangue». Interpellato dagli interventi in sala e dalla sottolineatura di Tarquinio sul fatto che Avvenire  è stato per molto tempo in Italia l’unico giornale a denunciare il perpetuarsi dei massacri di cristiani, il Patriarca Ignatius Youssef III Younan ha rimarcato, con l’intensità propria di chi le cose le vive sulla sua pelle: «L’Occidente ha una responsabilità politica ed etica di fronte al fanatismo islamico in Iraq, in Siria e nei Paesi delle Primavere arabe, ma solo adesso comincia a capire. Il problema è nell’idea di unione di religione e Stato propugnata dai fondamentalisti. Nei fatti, il programma dell’Is è lo stesso dei Fratelli musulmani: la sharia come strada, il jihad come metodo. Noi cristiani in Medio Oriente non facevamo certo paura a nessuno, non siamo contro l’islam. E oggi dobbiamo aiutare i nostri fratelli musulmani affinché comprendano che non siamo più nel VII secolo, ma nel XXI. Così come l’Occidente deve rendersi conto che quanto accade in Medio Oriente è pericoloso non solo per noi, ma per i nostri figli e per i nostri nipoti». Riguardo alle responsabilità, anche Castagnetti non è sembrato avere dubbi: «La Siria è il luogo d’incubazione della tragica realtà dell’Is. Lì, e nella sollecitudine in favore delle Primavere arabe è stato il grave errore politico dell’Occidente. Obama non può sfuggire al giudizio della storia: armare chiunque volesse colpire il presidente Assad è stato imperdonabile». «L’anno prossimo – ha annotato Tarquinio – è il centenario dall’Olocausto armeno, il primo genocidio del ’900: oggi si continua sulla stessa strada. Noi sappiamo cosa ha significato il marchio della stella di David nel secolo scorso: oggi in Siria e in Iraq vengono marchiate le case dei cristiani. Mi auguro che i leader islamici parlino con chiarezza e senza ambiguità, altrimenti le nostre parole non basteranno...».