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Sequestri. Pakistan, scomparsi cinque attivisti

Stefano Vecchia venerdì 13 gennaio 2017

Un “giallo”, di un genere e su una scala finora ignote persino nel tormentato Pakistan, sta creando preoccupazione e provocando reazioni all’interno del Paese e all’estero. Sono cinque gli attivisti scomparsi nell’ultima settimana senza lasciare alcuna traccia che porti a mandanti, esecutori e ragioni di quelli che si presume siano rapimenti. Forse pianificati per ottenere risultati più destabilizzanti. Il 4 gennaio, nel capoluogo della provincia del Punjab, Lahore, si sono perse le tracce di due cugini, Waqas Goraya e Aasim Saeed, entrambi blogger di tendenze marxiste. Il 6 gennaio è scomparso nella capitale Islamabad Salman Haider, attore, poeta e docente all’Università femminile Fatima Jinnah di Rawalpindi. Il 7 gennaio è toccato al blogger Ahmed Raza Naseer, come Saeed promotore di account Twitter di tendenze liberali. Neppure la sua condizione di poliomielitico ha fermato il probabile rapimento nel suo negozio di Sheikhupura, ancora nei pressi di Lahore. Lo stesso giorno l’attivista 54enne Samar Abbas, fonda- tore dell’Alleanza civile progressista del Pakistan, noto attivista per i diritti civili, è scomparso mentre era in viaggio dalla metropoli meridionale di Karachi a Islamabad.

«La famiglia – ricorda l’agenzia AsiaNews, riportando le parole di Syed Talib Abbas, segretario generale dell’Alleanza – ha ricevuto sue notizie fino a sabato scorso, ma poi ha perso ogni contatto e il telefono cellulare risulta staccato». Numerose le reazioni, improntate però anche a cautela. «Non possiamo essere certi che i casi siano collegati, ma ci aspettiamo che le indagini lo chiariscano – ha segnalato in un suo comunicato del 9 gennaio la Commissione per i diritti umani del Pakistan, organismo indipendente –. Per ora la cosa più importante è ritrovare gli scomparsi. Speriamo che le autorità rispondano con urgenza a questo caso». La maggior parte dei commenti e degli appelli individuano la ragione dei possibili sequestri nella volontà di silenziare voci critiche verso le politiche governative, verso il radicalismo islamico e chi alimenta le molte forme di abuso nel Paese. Si affaccia anche l’ipotesi di un coinvolgimento dei servizi segreti pachistani, preoccupati da una diffusione eccessiva di idee laiciste, in particolare attraverso Internet.

A Lahore e a Islamabad, ma anche a Karachi e altrove, sono state annunciate manifestazioni di protesta per chiedere alle autorità di impegnarsi per il ritrovamento degli scomparsi. Per la Chiesa cattolica, anche la Commissione nazionale Giustizia e Pace ha espresso grave preoccupazione per quanto successo. «Il professore scomparso e gli altri parlavano a nome della gente. Se in loro si vedeva dei provocatori avrebbero dovuto portarli in tribunale dove avrebbero potuto difendersi », ha dichiarato a ucanews.com padre Emmanuel Yousaf Mani, direttore nazionale di Giustizia e Pace. L’inviato speciale Onu per il diritto alla libertà di espressione, David Kaye, ha chiesto alle autorità pachistane di aprire una pista prioritaria per l’individuazione, la protezione e il ritorno a casa degli scomparsi. Ricordando che anche media di grande diffusione li avevano accusati in passato di promuovere atteggiamenti blasfemi, Kaye ha indicato che «individui impegnati in campagne per la libertà di espressione e intellettuali da tempo chiedono l’abolizione del crimine di blasfemia che prevede la pena di morte. Non solo questa legge è incompatibile con la tutela legale dei diritti umani – ha concluso l’esperto Onu – ma anche promuove iniziative di Stati e altri attori contrari alla libertà di espressione».