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Intolleranza. Il Pakistan scagiona il bimbo di 8 anni accusato di blasfemia

Lucia Capuzzi venerdì 13 agosto 2021

Protesta della minoranza Indù in Pakistan dopo la distruzione di un tempio in seguito alla vicenda del bambino accusato di blasfemia da fanatici islamici

Era stato denunciato, a fine luglio, per aver «urinato intenzionalmente» nella biblioteca della madrassa di Bhong, importante centro islamico dove sono custoditi vari testi sacri. Agli accusatori non importava che il responsabile avesse appena otto anni e non fosse in grado di comprendere il significato delle proprie azione. Il piccolo, di religione indù, è stato arrestato per blasfemia – crimine punito con pene severi, inclusa la condanna a morte – e, poi, portato nel tribunale della città di Rahim Yar Khan, nel Punjab.
Là, il 4 agosto, il giudice gli ha concesso una cauzione.

Né il bambino né la sua famiglia, tuttavia, sono potuti tornare a casa perché una folla di estremisti li ha attesi fuori dalla corte per aggredirli, mentre il locale tempio indù è stato assaltato. La polizia li ha nascosti e messi sotto protezione. E là si trovano ancora tuttora, nonostante l’incubo – almeno quello giudiziario – sia finito.

Ieri, le autorità hanno fatto cadere le accuse, con sollievo degli attivisti e delle organizzazioni internazionali che si erano mobilitati per salvare il bimbo. «Le accuse erano infondate», ha detto il rappresentante speciale del ministro per l’Armonia interreligiosa, Tahir Mehmood Ashrafi. Secondo quest’ultimo, a finire nei guai sono stati gli agenti che avevano fermato il piccolo.

Le autorità locali, inoltre, hanno riparato il tempio danneggiato che ieri è stato riaperto con una cerimonia solenne e decine di assalitori sono stati incarcerati. «Sono persone che non rappresentano l’autentico islam. Noi rispettiamo le minoranze», ha aggiunto Ashrafi.

Sempre dal Pakistan è arrivata ieri un’altra buona notizia per le minoranze.

Una coppia di cristiani, Shafqat Masih e la moglie Shagufta Kousar Masih, assolti a luglio dall’accusa di blasfemia dopo aver trascorso sette anni nel braccio della morte, hanno lasciato il Paese per trasferirsi in Europa. La nazione a cui hanno fatto richiesta e che ha accettato di accoglierli non è stata resa nota per ragioni di sicurezza: la liberazione di presunti blasfemi spesso si traduce in una condanna a morte per mano di fanatici estremisti.

I due erano stati arrestati nel 2014 e giudicati colpevoli di aver inviato a un leader religioso islamico degli sms «blasfemi». Shafta e Shagufta Kousar, da parte loso, si sono sempre detti innocenti. Alla fine, in appello, sono stati liberati. A maggio, il Parlamento Europeo aveva esortato l’Unione a fare il possibile per garantire «protezione e sostegno» alla coppia.