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LA GUERRA IN SIRIA. «Padre Dall'Oglio nelle mani dei qaedisti»

Lucia Capuzzi mercoledì 7 agosto 2013
«Pare sequestrato». Le due parole pronunciate ieri dal ministro degli Esteri, Emma Bonino, hanno gelato gli amici e i confratelli di padre Paolo Dall’Oglio. Che fino all’ultimo avevano sperato in una “sparizione tattica” del gesuita, italiano di nascita e siriano di adozione, scomparso il 28 luglio. Nel Paese – in cui ha abitato per oltre trent’anni – il religioso aveva fondato la comunità monastica di Mar Musa: un’oasi di incontro tra cristiani e islamici nel cuore del deserto. La guerra, però, ha raggiunto anche il monastero. Le critiche di padre Paolo al regime di Bashar al-Assad gli sono costate l’espulsione nel 2012. In Siria, però, Dall’Oglio era rientrato più volte per mediare nella liberazione di ostaggi. Pure con le componenti più estremiste dell’opposizione, tra cui i gruppi jihadisti. «Anche questa volta si era recato a Raqqa per negoziare la riconciliazione tra miliziani curdi e fondamentalisti della fazione per lo Stato islamico Siria Iraq», racconta ad Avvenire Feisal al-Mohammed, medico siriano, in Italia da oltre 42 anni e amico personale del gesuita. Lo stesso gruppo citato esplicitamente dal ministro Bonino che ha aggiunto: «Aveva detto che se non fosse rientrato entro 72 ore, ci si doveva preoccupare. Il tempo ormai è scaduto e ci stiamo preoccupando». Si tratta di una versione locale di al-Qaeda, nata dalla fusione tra la cellula irachena dell’organizzazione con Jabbah al-Nusra. Una delle tante “schegge impazzite” che agitano il caos siriano. «Questi gruppi non hanno niente a che vedere con l’opposizione anti-regime. Anzi, con le loro vessazioni continue nei confronti della popolazione fanno il gioco di Assad», aggiunge Mohammed. In questa logica folle rientrerebbe pure il rapimento di padre Dall’Oglio. «L’hanno fatto come provocazione. Per questo siamo fiduciosi. A meno che non decidano di “venderlo” agli uomini del regime», conclude il medico. Una parola di speranza è arrivata anche dal nunzio apostolico, Mario Zenari. «Al momento non c’è nulla di concreto», dunque «possiamo ancora sperare». Anche Bonino, nel suo intervento, ha sottolineato che la Farnesina non si dà «per vinta» ma continua a lavorare, pur nelle difficoltà, per riportare a casa il gesuita e l’inviato della Stampa Domenico Quirico. Casi che dimostrano – ha ribadito il ministero degli Esteri – come non vi sia «alcuna alternativa di natura militare in campo». Una linea su cui concorda anche la Russia. Ieri, Bonino e l’omologo russo, Serghei Lavrov, al termine di una riunione a Palazzo Madama, hanno ribadito la «necessità» di realizzare “Ginevra II”, la Conferenza internazionale sulla Siria nata da un’iniziativa congiunta tra Mosca e Washington. Lavrov ha aggiunto che la Russia «non ha interesse a sostenere quella o quell’altra personalità», mentre l’interesse prioritario resta la sicurezza. L’infiltrazione di elementi qaedisti nel territorio e la fragilità dell’opposizione stanno trasformando il Paese in una polveriera. Mentre la diplomazia tratta, sul terreno si continua a combattere. Proprio ieri i ribelli hanno conquistato lo scalo strategico di Minnig, sulla strada tra Aleppo e la città turca di Gaziantep.