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Profughi. Vita di Omar, da Aleppo alla Romania. «I fratelli ucraini? Sono come noi»

Dorella Cianci, Siret (Romania) sabato 19 marzo 2022

Profughi ucraini in Romania attraversano i binari ferroviari

Omar A. non ha ancora trent’anni, ma ha già visto tanta sofferenza. Non qui, ad Aleppo. Da lì, dalla Siria, non poteva che andar via. Oggi lo ritroviamo al confine romeno a occuparsi dei profughi ucraini, a distribuire cioccolata calda ai bambini, insieme a coperte per affrontare la notte, anche se il clima di Siret si è fatto più sopportabile, dopo giorni freddissimi.

Come è finito qui Omar? La sua storia ha in sé qualcosa di molto bello da raccontare. La sua infatti è la narrazione di chi non si è fatto sopraffare dall’odio. «Capisco perfettamente il sogno dei fratelli ucraini, che cercano l’Europa. La cercavamo anche noi da Aleppo e spesso siamo stati ignorati». Questa settimana ricorre l’undicesimo anniversario dall’inizio della guerra in Siria. Guardando indietro a più di un decennio di guerra, i siriani come Omar, coi loro occhi pieni di dolore e devastazione, assistono all’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe, ricordando i loro giorni più difficili, per alcuni mai terminati.

«Non mi sono stupito dell’attacco al teatro di Mariupol, perché so come le truppe russe colpiscano anche i luoghi dove ci sono dei bambini. In Siria questo è accaduto tante volte». Nel 2014, questo ragazzo dalla Turchia è entrato in Grecia. A nuoto. «Non era un sogno facile da conquistare. Avevo perso la mia famiglia, avevo lasciato gli studi, non c’era più nulla per me in Siria. Dopo un breve soggiorno in Germania e in Polonia, di certo con tutte le difficoltà di un rifugiato, sono tornato in Grecia, quasi stabilmente, per aiutare gli altri in fuga e, nel 2017, insieme a quei miei cari amici e compagni di fuga, ho fondato l’associazione Refugee4Refugees sull’isola di Lesbo».

Dalla Turchia alla Grecia, a nuoto. E poi a piedi, lungo la rotta balcanica. «Conosco la vita sotto le bombe, conosco bene la paura e la fame»

Omar ha visto tanta vita oltraggiata passare da lì, tante lacrime, ma anche tanti abbracci, prima di mettersi in cammino lungo la pesante "rotta balcanica". «Ho deciso di impegnarmi per chi è costretto a lasciare tutto quel che ha in nome di una folle guerra, che non gli appartiene. Noi nel nostro piccolo, con un bagaglio di esperienza di guerra nel cuore, cerchiamo di aiutare anche solo con della cioccolata, che può ridonare una minima sensazione di convivialità, di amicizia, di calore. Con noi siriani direi che le cose non sono andate proprio così e allora da siriano ho il dovere dell’accoglienza».

Come è noto, la guerra in Siria è diventata il conflitto più tragico del XXI secolo, ma Omar ritiene che anche questa guerra in corso abbia dei risvolti molto preoccupanti, anche perché permette al Cremlino di utilizzare la minaccia atomica. «Per me non è importante da dove si scappi, da quale guerra, da quali condizioni. Io e i miei compagni siamo qui per accogliere tutti coloro che non si sentono a proprio agio con la guerra. Ci sono anche tanti russi che stanno pensando di andar via. Noi siriani sappiamo di che cosa è capace Putin e Assad si sente protetto da un simile criminale».

Gli effetti della guerra in Ucraina si stanno avvertendo anche a Damasco. Dalla Siria, così come dal Libano, arrivano notizie di una vera e propria guerra del pane, da quando uno dei più importanti granai del mondo è stato compromesso dal conflitto. «Si chiede ai miei connazionali di pazientare ancora. Ma qualcuno ha idea di come abbiamo vissuto in questi anni? Di come siamo stati strumentalizzati dalla Turchia, in quanto profughi?».

Omar non è arrabbiato. «Conosco la vita sotto le bombe, conosco bene la paura, la fame e la ricerca dei bunker. So cosa vuol dire perdere i propri familiari. Ho così deciso di lasciare la Grecia, per un po’ di tempo, stando qui sui confini, con la mia associazione, anche per un supporto a Croce Rossa, Caritas e Save The Children».