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L'APPELLO. Clima, Obama scuote l'Onu: «Rischiamo una catastrofe»

Loretta Bricchi Lee martedì 22 settembre 2009
«La minaccia è grave, urgente e crescente: se non agiremo, rischiamo di consegnare una catastrofe irreversibile alle generazioni future». Il presidente americano Barack Obama dal Palazzo di vetro di New York, dove i leader mondiali si sono riuniti per cercare di rivitalizzare il dialogo sul cambiamento climatico, ha fatto eco all’ammonimento del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che aprendo il vertice ha ricordato che rimangono «meno di dieci anni per evitare gli scenari peggiori» causati dal surriscaldamento terrestre e all’appello del presidente delle Maldive. «Se le cose continueranno così, il mio Paese morirà», ha infatti lamentato Mohamed Nasheed. «Il tempo rimasto per correre ai ripari sta per scadere», ha quindi ripetuto il capo della Casa Bianca, sottolineando come «la sicurezza di tutte le nazioni, la nostra prosperità, salute e sicurezza, sono a rischio».Nessuno tra i capi di stato e di governo di oltre 90 Paesi Onu e le rappresentanze dei 192 Paesi membri nega l’urgenza di un intervento per fermare o rallentare l’effetto serra causato dalle emissioni di gas inquinanti, ma a meno di tre mesi dalla conferenza di Copenaghen – mirato a mettere a punto un nuovo trattato che sostituisca il Protocollo di Kyoto alla sua scadenza, nel 2012 – si rimane in una posizione di stallo. Nel rimproverare la comunità internazionale per la «lentezza glaciale» delle trattative, il capo dell’Onu ha pertanto notato che prima del vertice di dicembre «i giorni effettivi per i negoziati sono soltanto quindici», mettendo in chiaro che un «fallimento nel raggiungere un accordo sarebbe moralmente ingiustificabile, economicamente miope e politicamente avventato». «La storia potrebbe non offrirci un’occasione migliore di questa», ha affermato Ban ricordando che in Paesi quale l’Africa «il cambiamento climatico minaccia di cancellare anni di sviluppo» e appellandosi quindi alle nazioni più industrializzate perché facciano «il primo passo». «Per promuovere l’energia pulita e ridurre l’inquinamento da anidride carbonica, gli Stati Uniti hanno fatto più negli ultimi otto mesi che in qualsiasi altro periodo della storia Usa», ha sottolineato il presidente americano – alludendo al cambio di politica ambientale dell’amministrazione democratica che si è proposta l’obiettivo di riportare le emissioni di gas serra ai livelli del 1990 entro il 2020 – ma, si è affrettato ad aggiungere, «non siamo venuti a celebrare i progressi raggiunti, quanto piuttosto perché ci sono ancora passi da compiere».Un nuovo accordo sul clima «è fattibile, ma non sarà facile; la parte più difficile è davanti a noi», ha ammesso Obama dicendo che gli Usa sono «determinati ad agire e ad assumersi le proprie responsabilità nei confronti delle generazioni future», ma invitando i Paesi emergenti a «fare la loro parte», prendendo «un preciso impegno per misure forti» per affrontare il problema ambientale.La Cina, al pari degli Stati Uniti, conta per circa il 20% dell’inquinamento da emissioni serra – seguita dall’Unione europea con il 14% e da Russia e India, responsabili per il 5% – ma, quale economia emergente, è restia a fissare un limite alla propria impronta di anidride carbonica. È quindi giunto quale «segnale positivo» l’impegno del presidente cinese Hu Jintao a ridurre, entro il 2020, le emissioni di CO2 per ogni unità di prodotto nazionale lordo «di un margine notevole» rispetto ai livelli del 2005.Dal podio dell’Onu, la Cina non ha quantificato la promessa, ma ha affermato che «continuerà ad adottare misure concrete per far fronte a questa sfida», sviluppando «vigorosamente» le energie rinnovabili e quella nucleare con un aumento del 15% della quota di energia non fossile sul totale del consumo del Paese. Secondo il ministro italiano dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, il vertice Onu ha quindi segnato «una svolta politica perché dai grandi della terra c’è stata un’assunzione di responsabilità» sugli obiettivi da raggiungere per l’ambiente. Il presidente francese Nicolas Sarkozy non si è però fatto illusioni sulla strada da percorrere prima di giungere a un accordo globale e ha proposto per i leader delle maggiori economie un vertice intermedio, a novembre, per «ottenere impegni più precisi al fine di garantire il successo della conferenza di Copenaghen».