Mondo

Reporter ucciso. «Obama poteva salvare mio fratello»

Elena Molinari sabato 23 agosto 2014
La rivelazione dell’ultimatum agghiacciante ricevuto dai rapitori del figlio James; un tentativo di pagare un riscatto alle spalle del governo americano e la mesta considerazione che, forse, per il giornalista ucciso «si sarebbe potuto fare di più». La famiglia di Jim Foley, il reporter statunitense brutalmente decapitato dai militanti dello Stato islamico, mantiene il raccoglimento nella preghiera, ma decide di rendere noto un messaggio di posta elettronica ricevuto dai rapitori del figlio il 12 agosto scorso. Una settimana prima della notizia della sua esecuzione. «Per quanto tempo le pecore seguiranno il pastore cieco?», esordisce, in caratteri maiuscoli, la mail che lo Stato islamico ha inviato ai familiari di Foley, sottotitolato: «Messaggio all’America ed ai loro cittadinipecore ». Poi, con un linguaggio scolastico non privo di errori, aggiunge: «Vi abbiamo lasciati stare sin dalla vostra vergognosa sconfitta in Iraq (…), ora siete tornati a bombardare i musulmani in Iraq, questa volta con attacchi aerei e eserciti per procura». I sequestratori si dicono poi «assetati del vostro sangue», e affermano che «voi e i vostri cittadini pagherete il prezzo dei vostri bombardamenti. Il primo dei quali sarà il sangue del cittadino americano James Foley!».Il testo è stato pubblicato dal GlobalPost, il sito di notizie per il quale il giornalista lavorava come freelance. «Crediamo che offra una visione delle motivazioni e delle tattiche dello Stato islamico» ha scritto il giornale, sottolineando che il testo «contiene errori fattuali: per esempio alla famiglia non sono state date molte opportunità di negoziare il suo rilascio». Dopo oltre un anno senza contatti, infatti, i genitori di James avevano ricevuto il 26 novembre 2013 il primo messaggio dei rapitori, che chiedevano la cifra assurda di 100 milioni di euro o il rilascio di prigionieri detenuti negli Stati Uniti. Allora, all’insaputa dell’Fbi, John e Diane Foley avevano cominciato a raccogliere 5 milioni, una cifra accettata in altri casi. Ma i genitori di James non hanno avuto modo di far avere la somma ai rapitori e ora un loro figlio, Michael, accusa il presidente americano di non averli aiutati ad aprire un negoziato, seguendo la prassi americana di non trattare con i terroristi. «Spero davvero che la morte di Jim spinga a rivedere il nostro approccio nei confronti dei terroristi e delle trattative per gli ostaggi, perché se gli Stati Uniti fanno in un modo e l’Europa fa in un altro (pagando i riscatti, ndr),così non funziona – ha affermato Michael Foley –. Gli Stati Uniti avrebbero potuto fare di più e questo è per me fonte di frustrazione». Michael non è l’unico a criticare Barack Obama, finito nel mirino sia dei repubblicani che dei suoi compagni di partito per essere apparso «sorridente sul campo da golf pochi minuti dopo aver parlato con la famiglia Foley» e aver espresso il suo cordoglio in una conferenza stampa. «La sua preoccupazione è stata evidente per tutti quelli che hanno visto la sua dichiarazione», ha detto la responsabile della comunicazione della Casa Bianca difendendo la scelta del presidente. George W. Bush, dopo aver condannato proprio sul green l’esplosione di un kamikaze in Israele nel 2002, aveva deciso di appendere la mazza al chiodo per il resto della sua presidenza. Ma alcuni analisti sostengono che, proseguendo le sue vacanze e scegliendo di non vedere il video della decapitazione, Obama ha dimostrato all’Is di non essere intimorito. Intanto una borsa di studio in memoria di James è stata istituita dalla Maquette University, l’università dei gesuiti del Wisconsin dove Foley si era laureato nel 1996.