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LA FINE DELLE SCEICCO. Al setaccio l'archivio di Osama I talebani: «Non c'è prova»

  martedì 3 maggio 2011
La morte di Benladen non esclude la possibilità che vi siano azioni terroristiche in Italia e dunque "è necessario elevare al massimo livello le attività di prevenzione generale e di controllo del territorio, nonché di vigilanza e sicurezza, con speciale riguardo agli obiettivi ritenuti sensibili". È quanto si legge nella circolare inviata dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza a prefetti e questori in cui vengono elencati una serie di obiettivi sensibili. Tra questi, anche "uffici turistici, commerciali, linee di bandiera e compagnie marittime di tutti i paesi ritenuti a rischio per la circostanza", con particolare riferimento agli interessi degli Usa e del Pakistan, "nonchè di tutti gli altri paesi aderenti alla Nato e che sono interessati". "Innalzare al massimo" la vigilanza anche sui luoghi di culto e i simboli della cristianità, a partire dal Vaticano. Osama Benladen potrebbe essere stato ucciso da una guardia del corpo e non dai soldati statunitensi. Lo riporta il sito web del quotidiano pakistano Dawn, spiegando che secondo i rapporti Osama sarebbe stato ucciso da una pallottola alla testa, sparata mentre il leader di al-Qaeda resisteva alla cattura. Un funzionario che ha visitato la scena nel compound poco dopo l'assalto delle truppe Usa, di cui non viene fornita l'identità, spiega però che potrebbe invece averlo ucciso una guardia del corpo, per rispettare la sua volontà di evitare la cattura. Sarà presto reso pubblico il video del corpo di Osama Benladen gettato ieri nel Mar Arabico dalla portaerei Uss Carl Vinson. Lo riferice l'emittente americana Abc, secondo cui la salma di bin Laden è stata gettata in mare dopo una cerimonia funebre durata circa 40 minuti, in cui il corpo è stato lavato e avvolto in panni bianchi. L'ultima cosa che gli Stati Uniti volevano, afferma ancora la Tv Usa citando funzionari, era creare una tomba che potesse diventare un luogo da venerare per i terroristi.Osama Benladen viveva nel complesso di Abbottabad, in Pakistan, dove è stato raggiunto e ucciso dalle teste di cuoio Usa, da circa 5-6 anni. Lo ha detto John Brennan, il consigliere del controterrorismo della Casa Bianca. Brennan ha anche detto che l'amministrazione sta valutando se pubblicare foto e video ripresi durante l'operazione, ma che non è stata ancora presa una decisione.Oltre a Osama, i tre uomini uccisi nel raid della Cia ad Abbottabad sono suo figlio Hamza, il 'corrierè di Benladen e il fratello di questi. Osama sarebbe stato ucciso sotto gli occhi di una figlia 12enne. È stata uccisa anche una donna, che secondo alcune fonti sarebbe stata utilizzata da uno dei tre come scudo umano. Ma non vi sono conferme che sia una delle mogli di Benladen. Anzi, la moglie di Osama avrebbe riconosciuto il corpo del marito dopo che era stato ucciso dagli uomini del commando. Lo riporta oggi il New York Times nella sua ricostruzione dettagliata del raid, precisando che i particolari dell'operazione sono stati forniti da una fonte anonima del Pentagono. Nel rifugio di Abbottabad vivevano anche 9 bambini, dai 2 ai 12 anni, che si trovano ora sotto la custodia delle autorità pakistane.I segreti di Osama potrebbero essere svelati dal pc e dai dischetti e altro materiale informatico trovati nella sua villa-fortezza di Abbottabad. Lo rivela il sito Politico, secondo il quale il materiale sarebbe stato definito "una miniera d'oro" dalla Cia, "anche se fosse possibile utilizzarne solo il 10%". Centinaia di esperti sono già al lavoro per esaminarlo in una località segreta in Afghanistan.Nonostante le autorità statunitensi ne abbiano confermato l'identità con analisi del Dna e software per il riconoscimento facciale, la mancanza di fotografie del corpo e la sepoltura in mare hanno suscitato dubbi in Afghanistan e Pakistan sull'effettiva uccisione. Le reazioni degli afghani alla notizia sono stati discordanti: alcuni hanno gioito, altri hanno avuto paura. Qualcuno spera che a questo punto sarà più facile per i talebani scendere a negoziati con la rete terroristica, mentre altri temono che gli Stati Uniti lasceranno l'Afghanistan prima dell'effettiva sconfitta delle insurrezioni.«QUESTO È UN BUON GIORNO PER L'AMERICA»«Questo è un buon giorno per l’America». E un ottimo giorno per Barack Obama, che consegnando ieri due medaglie all’onore militare (un evento programmato) è potuto tornare a parlare del successo che segnerà la sua presidenza: l’uccisione di Osama Benladen. «Il mondo è più sicuro, è un posto migliore dopo la morte di Osama Benladen», ha detto il presidente Usa, citando le scene di giubilo per le strade della notte precedente come prova «dell’orgoglio di essere americani» e della capacità dei suoi compatrioti di fare qualsiasi cosa quando lavorano insieme.Insieme all’immagine del presidente – abito blu scuro, cravatta rosso mattone – che con una teatrale apparizione notturna nella East Room annunciava che gli Stati Uniti avevano ucciso il loro nemico numero uno, sono parole destinate a rimanere stampate nell’immaginario americano. E segnano la chiusura, almeno simbolica, di un capitolo apertosi quasi dieci anni fa con lo schianto di due aerei di linea contro le Torri gemelle del World Trade Center. Obama lo aveva promesso in campagna elettorale: uccideremo Osama. Ma da mesi non ne parlava più, apparentemente assorbito dalla recessione, dal debito pubblico, dalla lotta politica per salvare la sua riforma sanitaria, dalla «primavera araba» in Medio Oriente, persino dalle assurde teorie del complotto sul suo luogo di nascita. Eppure la caccia all’uomo continuava. Al blitz che ha fatto da epilogo a una delle ricerche più elusive per i servizi segreti americani il capo della Casa Bianca si stava infatti preparando da almeno nove mesi. Da quando, lo scorso agosto, venne informato che uno dei più più fedeli messaggeri di Benladen era nascosto insieme al fratello in una palazzina fuori Abbottabad, a una cinquantina di chilometri dalla capitale pachistana di Islamabad. Il complesso appariva però troppo isolato e fortificato per essere semplicemente la casa di due figure di secondo piano di al-Qaeda, la cui identità era stata appurata grazie agli interrogatori di alcuni detenuti di Guantanamo. Era infatti almeno otto volte più grande di qualsiasi altra casa del quartiere. Più lussuoso (valutato circa un milione di dollari), circondato da mura e privo di collegamento telefonico o Internet e senza nessun contatto con l’esterno, nemmeno quello di un postino o della raccolta rifiuti, che venivano invece bruciati quotidianamente. Non certo la caverna di Tora Bora dove molti, in Occidente, immaginavano che lo sceicco del terrore si fosse rintanato. Ma ci sono voluti mesi, fino a metà febbraio, perché osservazioni satellitari e in loco portassero alla quasi certezza che la residenza ospitasse proprio il leader di al-Qaeda. Altre quattro settimane di analisi sono servite per mettere a punto una serie di piani alternativi per entrare nel fortino. Si arriva così a metà marzo, quando, mentre è impegnato ad evitare una chiusura del governo federale per mancanza di un accordo sulla finanziaria, Obama convoca la prima delle cinque riunioni del suo team di sicurezza nazionale per elaborare l’operazione. Venerdì scorso, il giorno dopo la pubblicazione del suo certificato di nascita, quando un seccatissimo Obama si presenta alla stampa dicendo di «avere cose più importanti da fare» che rispondere alle accuse di Donald Trump di non essere nato in America, il presidente prende la sua decisione. Le forze speciali dei Navy Seals avrebbero attaccato il compound con elicotteri e vi sarebbero entrati, con la missione di catturare o uccidere Benladen. Niente bombardamenti aerei, dunque, come era stato ventilato: Obama sceglie l’opzione più rischiosa, ma anche l’unica in grado di evitare vittime civili (nella palazzina abitavano almeno 22 persone, fra cui donne e bambini) e di fornire agli Stati Uniti la prova certa della morte di Benladen. Il giorno dopo, prima di partire per l’Alabama devastata dai tornado, il comandante in capo delle forze armate Usa mette il suo ordine per iscritto. Il dado è tratto. E ancora nulla era emerso, nulla era filtrato alla stampa, nonostante il consolato americano di Peshawar, in Pakistan, fosse stato evacuato per sicurezza qualche giorno prima. Poco dopo le tre del pomeriggio di domenica, ora di Washington, la mezzanotte passata ad Abbottabad, parte l’attacco. Obama e la sua squadra seguono gli eventi minuto per minuto. Una ventina di agenti speciali arrivano a bordo di due elicotteri, entrano nella villa e cercano di catturare Benladen. Ma il ricercato oppone resistenza, scatenando una sparatoria durante la quale usa tre donne per farsi scudo. Una è sua moglie, che resta uccisa, le altre due sono ferite.Muoiono altri due uomini: uno dei due corrieri e un figlio dello sceicco. «La principale preoccupazione del presidente durante l’attacco era la salvezza del personale coinvolto», ha spiegato ieri il consigliere per l’antiterrorismo di Obama, John Brennan, descrivendo una «situation room» colma d’ansia. Poi, quando arriva la conferma dell’uccisione di Osama, la stanza esplode: «We got him!», l’abbiamo preso, esclama Obama. Lasciato al suolo (e distrutto per non lasciarlo ai nemici) un elicottero, il gruppo riparte immediatamente e raggiunge il vicino Afghanistan. Di qui il corpo di Osama è imbarcato sulla portaerei americana Carl Winson. Una volta al largo, nelle acque settentrionali del Golfo Persico, viene celebrato un rito funebre islamico, quindi il corpo viene buttato fra le onde. Non prima, però, che un test del Dna confermi al 99,9% che si trattava effettivamente del cadavere del nemico giurato degli Stati Uniti d’America. Solo successivamente (e non prima, come aveva sostenuto Hillary Clinton) il presidente Usa ha informato le autorità pachistane, che hanno sempre negato la presenza del capo di al-Qaeda sul loro territorio, dell’operazione. Oltre alla telefonata al suo omologo Asif Ali Zardari, che da mesi fornisce agli Usa motivi di frustrazione per la sua mancata cooperazione nella lotta al terrorismo, il presidente ha anche subito chiamato George W. Bush, che aveva lanciato la caccia a Osama «vivo o morto» e che si è congratulato con il suo successore. La Casa Bianca pubblicherà quanto prima la foto del cadavere per fugare ogni dubbio sull’uccisione. Poi affronterà le polemiche, certe, sul suo operato. Ma ieri c’era spazio solo per il trionfo e per ricordare ogni attimo di un giorno che resterà per sempre nella memoria dell’America. Elena Molinari