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LO STRAPPO NEGLI USA. Nozze gay, vescovi contro Obama

Loretta Bricchi Lee venerdì 25 febbraio 2011
«Un grave affronto a milioni di americani». Ieri, la Conferenza episcopale americana è intervenuta sull’apertura del presidente Barack Obama alle unioni omosessuali, condannandola pesantemente. Mercoledì, il capo della Casa Bianca aveva dato istruzioni al Dipartimento alla Giustizia di non difendere più nei tribunali federali la legge sui matrimoni, sostenendo che l’implicita discriminazione riguardo a unioni gay è da considerarsi «incostituzionale». Da quando il Congresso repubblicano ha approvato l’Atto di difesa del matrimonio, nel 1996, la Corte suprema americana ha messo al bando le norme che criminalizzano l’omosessualità spingendo i legislatori ad abrogare ad esempio il divieto ai gay nell’esercito. Anche se il presidente Usa si è finora opposto all’idea di estendere i pieni diritti matrimoniali a gay e lesbiche, l’amministrazione si trova sotto crescente pressione per legalizzare le unioni tra partner dello stesso sesso, soprattutto in vista della campagna presidenziale del 2012.«Il matrimonio è stato recepito per millenni e attraverso le culture come l’unione tra un uomo e una donna», hanno ribadito i vescovi Usa, spiegando che la decisione di Obama «rappresenta un’abdicazione di responsabilità dell’esecutivo» rispetto «al proprio obbligo costituzionale di assicurare che le leggi degli Stati Uniti siano pienamente realizzate». «Sostenere il matrimonio non è bigottismo, ma un ragionevole e comune giudizio che afferma l’istituzione fondamentale della società civile», ha dichiarato una nota della Conferenza episcopale Usa, concludendo che ogni indicazione da parte del governo che definisca tale legge una «discriminazione» rappresenta di fatto «una seria minaccia alla libertà religiosa di chi sostiene il matrimonio». La questione, quindi, si preannuncia difficile per l’amministrazione Usa anche perché secondo i sondaggi d’opinione la maggioranza degli americani non approva i matrimoni gay e solo cinque dei 50 stati dell’unione, oltre al Distretto di Columbia, li riconoscono. Mentre le amministrazioni locali più conservatrici si apprestano a esaminare misure legislative che possano difendere i matrimoni tradizionali, si prevede che altre più liberali approfittino dell’“apertura” di Obama per cercare di scardinarli. All’avanguardia, a tale proposito, sono le Hawaii, lo stato in cui è cresciuto il presidente Usa. Proprio mentre il ministro della Giustizia americana, Eric Holder, annunciava mercoledì il cambiamento di politica, il governatore democratico Neil Abercrombie promulgava infatti la misura che legalizza le unioni civili tra omosessuali. La legge entrerà in vigore solo a partire dal primo gennaio del 2012, ma la sua approvazione segna una netta svolta rispetto all’amministrazione precedente. Nel luglio del 2010, l’allora governatore repubblicano Linda Lingle – scalzata da Abercrombie nelle elezioni dello scorso novembre – aveva infatti posto il veto a una simile misura sostenendo la necessità di sottoporre la questione a un referendum popolare.