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I neonazisti: «Ora riempiremo di mine i confini»

Giorgio Ferrari martedì 8 maggio 2012
Sei uno “xenos”, vero? Fammi vedere i documenti. Tu sei uno “xenos”, uno straniero, e gli stranieri sono il cancro della Grecia. Noi siamo qui per difendere il nostro Paese dai barbari, siamo il tuo tallone di Achille, siamo quelli di cui aver paura. E adesso che siamo cresciuti tutti dovranno fare i conti con noi. Soprattutto i politici marci che ci hanno tradito».La sede di Chryssi Aghvi al secondo piano del numero 50 di via Delighianni fa pensare più a uno scalcinato ufficio dell’Olp a Beirut nei tardi anni Settanta che alla sede di un partito che ha preso il 7 per cento e si è aggiudicato 21 seggi in Parlamento. Ma fino a ieri Alba Dorata contava per lo 0,23%, uno schizzetto, uno sputino miserevole sulla grande tavolozza politica ellenica. Il simbolo, un frammento di meandro in campo rosso, l’attorcigliata decorazione che noi chiamiamo “greca” e che stilizza il labirinto di Cnosso, richiama senza mezzi termini la “svastika” sanscrita, ma nessuno s’inganna sull’esplicito riferimento al simbolo nazionalsocialista. Figuriamoci Tanaxis, portavoce ad Atene del partito che ha appena trionfato nell’urna, che ne fa motivo d’orgoglio. «Vogliamo uscire dall’Europa, dall’euro, dalla logica della globalizzazione, dal capitalismo che divora i suoi figli e li rende schiavi. Siamo per una Grecia libera e liberata dai banchieri e dagli stranieri, dagli immigrati, regolari e clandestini che siano. Il primo provvedimento? Non pagare il debito. Il secondo? Riempire il confine con la Turchia di mine antiuomo: è un colabrodo, tutti i clandestini passano di lì. E comunque il tuo tempo è scaduto, giornalista. Ora vattene». Me ne vado, guardato storto da un manipolo di giovanotti in maglietta nera. La notte della vittoria il leader di Alba Dorata, il matematico cinquantaquattrenne Nikolaos G. Michaloliakos, è stato ugualmente brutale, facendo cacciare dalla sala stampa i giornalisti che non si erano alzati in piedi al suo arrivo. «Dovete aver paura!», è stato il suo slogan. Si prevedono scintille quando nel nuovo Parlamento i neonazisti si troveranno faccia a faccia con l’ottantanovenne Manolis Glezos, figura storica della resistenza greca, che a diciott’anni strappò via con le proprie mani dall’Acropoli la bandiera con la croce uncinata.Il trionfo di Alba Dorata – le cui possibilità di far parte di un qualsivoglia governo sono pressoché zero, e questo rende ancora più pericolosa la sua affermazione – fa il paio con quello di Syriza, la formazione di sinistra radicale che potremmo definire il vero vincitore delle elezioni. A guidarla è l’ingegnere trentasettenne Alexis Tsipras, simbolicamente nato – e lui ci tiene molto a farlo sapere – negli stessi giorni della caduta del regime dei colonnelli. Comunista e radicale convinto, si è conquistato il secondo posto scavalcando l’esausto Pasok e ora rilancia il suo programma: grandi opere pubbliche, centomila assunzioni immediate, un keynesismo spinto come quello messo in campo da Franklin D. Roosevelt per domare la Grande Depressione, e soprattutto un sonoro «no» all’Europa che chiede solo tagli e licenziamenti e che «vuol trasformare la Grecia in un protettorato, mentre l’esito del voto ha semplicemente tolto ogni legittimità al memorandum imposto dalla troika». Non bastasse, dopo l’incontro con Samaras Tsipras ha confermato: «Non ci può essere un governo di salvezza nazionale con coloro che hanno firmato quel memorandum». A meno che proprio a Syriza, fallito dopo tre giorni il tentativo di Samaras, tocchi l’onere di compattare una maggioranza. Che sulla carta esiste, ma in pratica è inconciliabile. A meno di non prepararsi a veder sventolare assieme svastica e falce e martello sulle rovine della democrazia greca.