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Ginevra. «Nel baratro a tempo di record». Il Sudan lancia un Sos al mondo

Angela Napoletano martedì 20 giugno 2023

Il fumo dalle zone colpite dai bombardamenti a Khartum Nord

«La velocità con cui il Sudan sta scivolando verso morte e distruzione è senza precedenti». È l’allarme lanciato ieri dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, all’apertura di una conferenza che ha raccolto attorno a un tavolo, a Ginevra, i governi che rappresentano i maggiori donatori nella regione. «Senza un forte sostegno della comunità internazionale – ha tuonato – il Paese potrebbe rapidamente diventare un luogo senza leggi e irradiare insicurezza in tutta l’area». L’appello è rimbalzato da Ginevra a Khartum a rompere il silenzio delle armi concesso alla popolazione stremata da una tregua di 72 ore proclamata domenica mattina.

Il Sudan è a ferro e fuoco dal 15 aprile. L’esercito delle Forze armate sudanesi (Saf) capeggiate dal generale Abdel Fattah al-Burhan, leader de facto dell’esecutivo, sta combattendo contro le Forze di supporto rapido (Rsf) del comandante Mohamed Hamdan Dagalo, ex vice capo di Stato. Tra le due parti è in corso una sanguinaria lotta per il potere che mina la già difficile transizione verso un governo civile avviata dopo il colpo di Stato del 2021. Lo scontro armato, particolarmente violento nel Darfur e nel Sudan occidentale, ha causato oltre 2mila morti e 2,2 milioni di sfollati.

Altre tregue sono state già tentate ma nessuna, fino ad oggi, ha funzionato.

Il cessate il fuoco di domenica sembra, per il momento, reggere. La cronaca in arrivo da Khartoum racconta di una situazione di rara “calma”.

Dopo la furia di sabato, intensa da entrambe le parti anche nelle zone residenziali, non si registrano più bombardamenti né attacchi di artiglieria. La tregua è necessaria a facilitare gli urgenti interventi umanitari. Secondo le Nazioni Unite, sono 25 milioni le persone, a secco di medicine, elettricità, acqua e beni di prima necessità, che aspettano gli aiuti. Più della metà della popolazione totale. Al Palazzo di vetro hanno stimato che per evitare la catastrofe umanitaria occorrono, subito, circa 3 miliardi di dollari. I fondi oggi a disposizione sono appena il 17 per cento di quelli necessari. Il summit di cui, ieri, sono stati protagonisti i partner istituzionali del Sudan – Egitto, Arabia Saudita, Qatar, Germania, Unione Africana e Unione Europea – ha mobilitato altre risorse destinate in parte anche ai Paesi confinanti che accolgono i rifugiati.

Da Doha sono arrivati altri 50 milioni di dollari. Berlino, da parte sua, si è impegnata a devolvere 200 milioni di euro. Martin Griffiths, alto funzionario Onu per le emergenze, ha confermato che le Nazioni Unite stanzieranno altri 22 milioni di dollari. Al riguardo non si è invece sbilanciato l’Egitto che, insieme a Russia, Emirati Arabi Uniti ed Etiopia, è tra i protagonisti indiretti del conflitto. Dell’appello urlato a Ginevra fa parte anche l’urgenza di porre fine alla violenza contro gli operatori umanitari, al saccheggio dei beni destinati ai disperati, delle forniture senza cui gli operatori non possono spostarsi e lavorare. Attacchi che nei giorni scorsi hanno reso i soccorsi più difficili e pericolosi.

Il World Food Programme, l’agenzia alimentare dell’Onu, aveva sospeso gli interventi agli inizi della guerra ma li ha ripresi tra mille ostacoli il 3 maggio. Da allora ha fornito assistenza salvavita a più di un milione di persone.