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Guayaquil. I narcos in rivolta, Ecuador nel caos. Dieci morti negli scontri

Lucia Capuzzi martedì 9 gennaio 2024

Un fotogramma della diretta televisiva con i narcos armati e mascherati

L'Ecuador è nel caos totale. Dopo l'irruzione di un gruppo armato in uno studio televisivo nella città portuale di Guayaquil e la presa di ostaggi, che si è fortunatamente conclusa in breve tempo con la loro liberazione e l'arresto degli assalitori da parte delle forze di polizia, altri episodi di violenza si sono verificati nel Paese e hanno provocato la morte di almeno 10 persone, tra cui due agenti, e il ferimento di altre tre. Il presidente Daniel Noboa ha dichiarato che il Paese sudamericano è in un "conflitto armato interno" e ha ordinato la "neutralizzazione" dei gruppi criminali coinvolti nel narcotraffico con un decreto pubblicato oggi.

La polizia intervenuta nello studio televisivo ha bollato l'azione come "terroristica". Diversi attacchi armati sono stati registrati in più zone di Guayaquil, ha reso noto il sindaco Aquiles Alvarez. Ci sono stati saccheggi, rapine e sparatorie in aree commerciali. Ma è stata una giornata di terrore che ha devastato numerose altre città, compresa la capitale Quito.

Nel nord della capitale diversi individui hanno sparato contro i veicoli che passavano nelle loro vicinanze, provocando la morte di cinque persone e ferendo uno studente di una scuola della zona. Nelle vicinanze, un gruppo armato ha fatto irruzione in un magazzino di pezzi di ricambio e ha ucciso tre persone.

Il caos avviene il giorno dopo che il presidente, Daniel Noboa, ha dichiarato due mesi di stato di emergenza dopo la fuga dei boss dei due principali gruppi criminali, Adolfo Macias alias "Fito", capo di Los Choneros e Fabricio Colon Pico, al comando di Los Lobos.

Immediatamente era arrivata la brutale risposta dei narcos. Ci sono stati attacchi in ben sette province, sette poliziotti sono stati sequestrati. Infine il plateale assalto alla tv.

Un'esibizione di forza da parte della criminalità rivolta a Noboa, leader conservatore eletto lo scorso ottobre con la promessa di combattere la delinquenza dilagante con il pugno di ferro. A causare l'escalation di violenza nel Paese latinoamericano, la penetrazione dei cartelli messicani della droga, in particolare Sinaloa e Jalisco nueva generacion. In gioco c'è il controllo del porto ecuadoriano di Guayaquil, diventato - con le sue 300mila navi in partenza al mese -, il principale trampolino vero l'Europa e gli Usa della cocaina prodotta in Colombia, Bolivia e Perù. La rotta terrestre è troppo battuta, così i narcos si sono orientati verso il Pacifico. Per l'Ecuador, inoltre, passa l'altra direttrice della droga: quella che attraversa la regione amazzonica di Sucumbios. Per i messicani, il controllo di queste due porte verso i luoghi di consumo è vitale per il business. Da qui la progressiva infiltrazione attraverso la cooptazione di pezzi di istituzioni e il controllo del territorio, in particolare i quartieri popolari.

In serata, è intervenuto il presidente dell'Ecuador, Daniel Noboa - in carica da meno di due mesi - che ha parlato di un «conflitto armato interno» in corso, che implica lo spiegamento e l'intervento immediato delle forze di sicurezza contro il crimine organizzato. E le autorità hanno ordinato l'evacuazione immediata del Parlamento e di tutti gli uffici pubblici nella capitale Quito. Anche molti commercianti hanno deciso di chiudere i negozi e mandare a casa i dipendenti. Il portale "Primicias" segnala saccheggi in diversi negozi e centri commerciali dei quartieri meridionali di Malvinas, Huancavilca e Guangala.