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Myanmar. Suu Kyi per un giorno nel Rakhine, è la prima volta tra i Rohingya

Redazione Esteri giovedì 2 novembre 2017

L'arrivo della Nobel Aung San Suu Kyi nel Rakhine (Ansa)

Aung San Suu Kyi, la Premio Nobel per la Pace criticata per non essersi esposta a difesa della minoranza musulmana Rohingya, è stata per la prima volta nello Stato del Rakhine, l'area del conflitto nel Myanmar. È stata la prima visita di colei che è considerata la leader del facto del governo birmano in una zona da dove centinaia di migliaia di persone della minoranza musulmana, in un Paese a stragrande maggioranza buddista, sono fuggite in Bangladesh.
Suu Kyi è arrivata nella mattinata all'aeroporto di Sittwe, la capitale, con l'intenzione di andare a Maungdaw, la località di frontiera dove il 25 agosto ci fu l'assalto armato di un gruppo di ribelli Rohingya che ha scatenato l'ultima campagna repressiva dell'esercito. Suu Kyi era accompagnata da vari membri del governo birmano e del governo statale, ha testimoniato il capo del governo locale, Nyu Pu, nel suo account su Twitter. La visita durerà un solo giorno.
Secondo l'Onu, l'operazione militare dell'esercito birmano ha messo in fuga oltre 600mila persone, costrette a rifugiarsi nei campi di accoglienza in Bangladesh; decine di migliaia di persone sono rimaste invece nella parte più settentrionale dello Stato, in attesa di aiuti umanitari. L'Onu ha detto che l'operazione militare del governo birmano equivale a una vera e propria "pulizia etnica".


Dalle immagini postate su Twitter, si vede San Suu Kyi che parla con gli abitanti dei villaggi. Non è chiaro se abbia visitato qualcuna delle circa 200 comunità che sono state date alle fiamme dai militari, probabilmente aiutati da locali di religione buddista. Secondo i media locali, la 'Lady', come è conosciuta in Myanmar, si è incontrata con Rohingya anche a Maungdaw, nel tentativo di convincere gli osservatori che la crisi è terminata e i Rohingya possano tornare. Vicino a Maungdaw c'è la spiaggia dove ci sarebbero ancora migliaia di Rohingya, in attesa delle imbarcazioni che possano portarli in Bangladesh. Perseguitati da anni, i Rohingya negli ultimi anni hanno affrontato pericolosi viaggi in mare pur di lasciare la zona, ma l'ultimo bagno di sangue ha ulteriormente accelerato la fuga, dandogli i contorni di un vero e proprio esodo.