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Mozambico. Il parroco della missione attaccata dai ribelli: così mi hanno graziato

Redazione Internet mercoledì 7 settembre 2022

Il testimone è don Lorenzo Barro, parroco della missione mozambicana di São Pedro de Lurio-Chipene, che ha raccontato come è avvenuto l'agguato nel quale è stata uccisa suor Maria De Coppi

"Dopo aver ucciso suor Maria hanno devastato la chiesa e fatto irruzione nella nostra casa lì accanto, dando tutto alle fiamme. Ci siamo nascosti nelle camere. I ribelli non sono entrati: siamo stati graziati". A raccontare come è avvenuto l'agguato in cui è stata colpita a morte suor Maria De Coppi è stato don Lorenzo Barro, friulano, parroco nella missione mozambicana di São Pedro de Lurio-Chipene.

La sua voce arriva mentre è in viaggio verso la città di Nacala per incontrare il vescovo, monsignor Alberto Vera Aréjula per parlare anche del funerale di suor Maria De Coppi, la comboniana veneta assassinata ieri sera durante l'irruzione di un commando armato nella missione.
"La sua congregazione chiede che sia sepolta a Karapira, in un cimitero che ospita già alcune consorelle e confratelli" ha spiegato don Barro. "Lungo la strada incontriamo persone che si stanno spostando, allontanandosi il più possibile per come riescono: già a giugno c'erano state avvisaglie con un'incursione a sud del fiume Lurio che segna il confine con la provincia di Cabo Delgado; adesso la tensione sta aumentando ancora".

Il parroco ha così ricostruito l'assalto di martedì sera. "Sono arrivati attorno alle nove, per fortuna quando quasi tutti i 38 ragazzi e le 40 ragazze che frequentano le scuole presso la missione erano già andati via" premette don Barro. "Suor Maria era nella stanza della sua consorella più anziana, suor Angeles Lopez Hernandez; credo stessero chiacchierando e vedendo insieme alcuni filmati condivisi su WhatsApp". Le due non si sarebbero accorte dell'arrivo dei ribelli, appostati a una finestra: "Suor Maria è stata colpita da uno sparo, appena rientrata in camera; suor Angeles l'ha vista riversa a terra ed è riuscita a scappare, nascondendosi nel "mato, la boscaglia che circonda la missione". Il commando ha dato alle fiamme la casa delle religiose e poi anche l'ospedale e la chiesa vicina. A quel punto ha fatto irruzione nella casa dove si trovava il parroco insieme con un altro missionario, don Loris Vignandel. "Hanno cominciato a bruciare ogni cosa" ricorda don Barro. "Noi ci siamo nascosti nelle stanze e loro non sono entrati".
Il raid è terminato attorno alle 11 di sera, dopo circa due ore. Gli assalitori hanno incendiato anche alcune automobili, forse dopo aver provato a rubarle. "I militari sono arrivati solo dopo" continua don Barro, "informandoci che avevano trovato nelle vicinanze i cadaveri di due altre persone uccise, che non conosciamo".

A salvarsi con don Barro sono stati don Vignandel, suor Lopez e suor Eleonora Reboldi, un'altra comboniana, che nella foresta è riuscita a portare alcune delle ragazze ancora nella missione.

Oggi il dolore per l'uccisione di suor Maria si unisce alla preoccupazione. "L'avvio lo scorso anno di un intervento militare delle forze della Comunità per lo sviluppo dell'Africa australe non ha risolto la crisi" sottolinea il parroco. "Il governo sostiene che i ribelli sono allo sbando e che si stanno disperdendo ma di fatto da giugno si sono verificate incursioni anche a sud del Lurio, nella provincia di Nampula dove si trova la nostra missione". Secondo il missionario, 58 anni, originario di Pordenone e a Chipene dal 2016, "se la guerriglia si espande si crea un clima di paura e qui perdono tutti".

Ma perché un raid contro la missione? "Difficile dirlo" risponde don Barro. "Di solito viene preso di mira tutto ciò che ha che fare con lo Stato, si tratti di commissariati di polizia o di centri di salute; è stato però riferito di un'affiliazione dei ribelli al gruppo Stato islamico e se le cose stessero davvero così si potrebbe spiegare in qualche modo la distruzione delle chiese e delle missioni".