Mondo

L'escalation. Massacri in Centrafrica. I cristiani nel mirino

Matteo Fraschini Koffi venerdì 20 dicembre 2013

Si vive nel terrore e la situazione è al limite del genocidio nella Repubblica Centrafricana. In due settimane di inchieste, l’organizzazione Amnesty International ha concluso che nel Paese «sono in corso crimini di guerra e contro l’umanità». E gli scontri stanno assumendo sempre più la connotazione del conflitto interreligioso: un migliaio, secondo l’Ong, i cristiani uccisi solo negli ultimi due giorni. Dal colpo di stato dello scorso marzo, infatti, regna l’anarchia. «Le nostre ricerche sul campo nella Repubblica Centrafricana non lasciano dubbi sul fatto che tutte le parti in conflitto stanno commettendo crimini di guerra e contro l’umanità», ha dichiarato Christian Mukosa, esperto di Amnesty appena tornato dal Centrafrica. «Questi crimini comprendono esecuzioni extragiudiziali, mutilazioni, distruzione intenzionale di edifici religiosi come le moschee e lo sfollamento forzato di un massiccio numero di persone – ha spiegato Mukosa–, è quindi necessario un rapido dispiegamento di una imponente forza di peacekeeping». Amnesty ha presentato ieri il suo studio, sottolineando che le truppe dovranno essere dotate di un «chiaro mandato relativo alla protezione dei civili e di risorse sufficienti per poterlo eseguire in modo efficace». Secondo l’organizzazione, «almeno mille persone sono rimaste uccise in due giorni in seguito ai diversi attacchi lanciati dai gruppi musulmani contro la comunità cristiana» nella capitale, Bangui.«Le rappresaglie si sono accanite contro i cristiani – si legge nel rapporto –, e sono state sistematicamente saccheggiate le case di civili». Le gravi condizioni in cui versa il Paese hanno spinto l’ambasciatore americano all’Onu, Samantha Power, a visitare alcune aree della capitale. «Siamo venuti qui per capire come la popolazione del Centrafrica vive e come possiamo aiutarla – ha detto Power durante un discorso tenuto in un ospedale di Bangui –. I civili sono in grave pericolo e noi abbiamo la responsabilità di tirarli fuori dall’abisso». L’ambasciatore Usa al Palazzo di Vetro ha subito espresso preoccupazione per un ritorno agli eventi che hanno causato il genocidio ruandese nel 1994. «Sebbene il mondo abbia già visto atrocità drammatiche come durante il genocidio in Ruanda – aveva già dichiarato Power anche mercoledì scorso durante una tappa in Nigeria –, ogni caso è unico e ci spiega quello che può succedere in un Paese profondamente diviso». I massacri tra le etnie hutu e tutsi, che hanno provocato la morte di 800mila tutsi e hutu moderati, hanno seminato il terrore in Ruanda per 100 giorni. L’intervento della Francia della settimana scorsa ha l’obiettivo di scongiurare proprio questo – affermano fonti di Parigi –: disarmare i vari gruppi ribelli centrafricani a cominciare da Bangui e dal nord-ovest del Paese. Anche perché negli ultimi mesi gli scontri hanno assunto una natura sempre più settaria. I leader religiosi, insieme a diverse organizzazioni umanitarie e dei diritti umani, avevano più volte lanciato appelli affinché il Paese non precipitasse in un vortice di violenza tra fedi. Le esecuzioni nella capitale, come nel resto del Paese, avevano infatti sempre più come obiettivo cristiani o musulmani. «Spesso i ribelli ci chiedevano dove potevamo trovare i musulmani nella nostra area per poterli uccidere», avevano ammesso anche nei giorni scorsi diversi abitanti di Boy-Rabe, il quartiere abitato soprattutto dalle milizie di autodifesa cristiane “anti-balaka” che sostengono l’ex presidente Francois Bozizé. La stessa cosa succedeva con i militanti della coalizione ribelle della Seleka che, nel portare al potere l’attuale presidente ad interim, Michel Djotodia, si sono macchiati di gravissimi crimini contro la comunità cristiana.

Già 1.600 soldati francesi sono appoggiati da circa 3mila militari della Forza internazionale dell’Unione africana (Misca), ma sembra che presto arriverà l’appoggio di alcuni Paesi dell’Unione Europea. Il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, ha confermato martedì scorso che: «I nostri alleati europei spediranno i loro soldati in supporto della missione franco-africana in Centrafrica». Un annuncio, che coinvolgerebbe Germania, Belgio, Polonia e Gran Bretagna potrebbe venire già oggi dal vertice dei 28 in corso a Bruxelles. Mentre ieri mattina è decollato dalla base del Programma alimentare mondiale (Pam) a Brindisi, un B747 carico di oltre 65 tonnellate di aiuti umanitari.