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Centrafrica. In manette il missionario che documenta lo sfruttamento. Ma è rivolta

Matteo Fraschini Koffi, Lomé (Togo) giovedì 2 maggio 2019

Padre Aurelio Gazzera

«Non mi sento molto tranquillo». Commenta così ad Avvenire padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano residente da anni a Bozoum, nel nord-ovest della Repubblica centrafricana. Alcuni militari lo hanno fermato per ore sabato scorso per aver fotografato il sito di una miniera sfruttata da una compagnia cinese. «Abbiamo una pattuglia di caschi blu davanti alla parrocchia – spiega Gazzera –, ma la gente fatica a fidarsi anche di loro».

Tutto è iniziato quando una società cinese ha cominciato alcuni mesi fa a scavare nell’area alla ricerca dell’oro. I danni ambientali e umani provocati durante gli scavi possono però essere fatali per la gente del posto. Per questo il carmelitano, sostenuto dalla popolazione locale, ha deciso di indagare documentando i lavori di questa ditta. «Mi hanno sequestrato cellulare e macchina fotografica – racconta Gazzera –, e poi mi hanno portato alla Brigata Mineraria, il comando militare incaricato di difendere le miniere».

L’arresto del religioso ha però provocato una rivolta popolare. Circa 4mila persone hanno manifestato per richiedere dalle autorità la sua liberazione. Gli abitanti di Bozoum hanno iniziato inoltre a minacciare i militari e la società cinese, bruciando almeno un veicolo ed erigendo barricate. Da anni, ormai, oro e diamanti vengono venduti o trafficati, alimentando le violenze nel Paese. «È paradossale che ci siano soldati pronti a difendere le società straniere e non la popolazione locale», sottolinea il missionario. In Centrafrica quasi tutto il settore minerario coinvolge artigiani che non usano le dovute precauzioni nello scavare. Spesso ci sono persino donne e bambini nei siti delle miniere, in gran parte incustodite dopo lo sfruttamento iniziale.

Da quando è riesplosa la guerra civile nel 2012, sono stati diversi gli accordi firmati per placare gli scontri spesso definiti frettolosamente «etnici o religiosi». Come spesso accade, però, le vere ragioni delle sofferenze si trovano nel “bottino di guerra”. In questo caso si tratta appunto delle risorse minerarie a cui Paesi stranieri come Francia (ex potenza coloniale), Cina e Russia sono fortemente interessati. «La Cina non sta solo scavando per cercare l’oro – ci spiega un diplomatico occidentale che si trova sul posto –. Sono anni che stanno esplorando il nord-est del territorio centrafricano per sfruttare le riserve di petrolio». Tre giornalisti russi sono invece stati uccisi l’anno scorso per aver investigato i legami tra Mosca e la capitale Bangui, soprattutto nel settore dei diamanti e delle armi.

«La situazione rimane molto tesa – conclude Gazzera –. La settimana prossima dovrei recarmi a Bangui insieme ad alcuni leader religiosi per discutere con le autorità del nostro futuro. Vedremo».