Mondo

La conferenza. Obama: «Mai il nucleare in mano ai folli»

Elena Molinari sabato 2 aprile 2016
Le armi nucleari in mano ai terroristi sono «una delle minacce più grandi» per il mondo. Barack Obama rilancia l’urgenza di «ridurre il rischio di terrorismo nucleare» dalla conferenza sulla sicurezza nucleare, riconoscendo che la realizzazione del suo sogno di liberare il mondo dalle armi atomiche è ancora lontana. Il presidente Usa ha inserito in extremis nel programma del summit – l’ultimo su un tema chiave della sua presidenza – una sessione speciale dedicata alla lotta al Daesh, proprio per sottolineare che, nonostante i «significativi progressi» sulla sicurezza nucleare, la minaccia che i terroristi possano accedere a materiale fissile è grande. «Non c’è dubbio che se mai i folli dovessero mettere le loro mani su materiale nucleare, quasi sicuramente lo utilizzerebbero per uccidere il maggior numero possibile di innocenti», ha detto il capo della Casa Bianca durante la sessione plenaria del vertice. Nel rilanciare la sua speranza, annunciata nel 2009 a Praga, di liberare il mondo dagli armamenti nucleari, Obama ha infatti sottolineato che «l’unica difesa contro il terrorismo nucleare è di mettere in sicurezza tale materiale per garantire che non arrivi nelle mani sbagliate». Obama ha assicurato che la sua Amministrazione ha fatto della sicurezza nucleare una priorità al più alto livello, ma che ha bisogno dell’aiuto di tutti. «Questo è il perfetto esempio di sfida del XXI secolo che nessuna nazione può risolvere da sola», ha spiegato. Ma il boicottaggio della Russia, una delle maggiori potenze nucleari, ha evidenziato la realtà che, nonostante i progressi di Obama nel convincere decine di Paesi a ridurre e salvaguardare le scorte, gran parte di plutonio e di uranio arricchito al mondo rimane vulnerabile. Secondo una recente va- lutazione del Pentagono, la Russia ha raddoppiato il numero delle suoi testate nucleari strategiche proprio mentre gli Stati Uniti riducevano il loro arsenale. Ma Obama non intende cambiare direzione: ieri ha annunciato che renderà pubblico l’arsenale nucleare degli Usa per la prima volta da 10 anni a questa parte, oltre che una «descrizione dettagliata» delle misure di sicurezza che prendono le forze armate Usa per proteggerlo. Il presidente Usa ha ricordato ieri inoltre che 102 nazioni hanno ratificato la convenzione sulla protezione fisica del materiale nucleare, rendendo più difficile, per i terroristi, mettere le mani sul materiale atomico. La convenzione, firmata a Vienna e New York il 3 marzo 1980, è stata poi emendata nel 2005, allo scopo di rafforzarne i contenuti ed estendere il raggio d’azione, essendo l’accordo l’unico strumento internazionale vincolante sulla tutela del materiale nucleare. Obama ha citato come altro successo della comunità internazionale l’accordo sul nucleare con l’Iran che spera «di poter replicare in futuro». Nonostante l’assenza della Russia, mal digerita dalla Casa Bianca, Obama ha avuto un dialogo «costruttivo» con il presidente cinese Xi Jinping sulla cooperazione per la sicurezza nucleare e la cyber security, nonostante restino divergenze sulla contesa nel Mar Cinese meridionale e sui piani di difesa missilistica Usa per la Corea del Sud. E proprio a poche ore dall’avvio del summit, la Corea del Nord ha sfidato la comunità internazionale lanciando un altro missile balistico dalla sua costa orientale. Si tratta dell’ultimo lancio in un periodo di elevata tensione, inaugurato dal quarto test nucleare di Pyongyang del 6 gennaio. Al vertice la questione nordcoreana è stata al centro dei colloqui con i leader di Cina, Corea del Sud e Giappone. Obama ha parlato della necessità «di attuare in modo vigile le forti misure di sicurezza Onu» imposte sul Nord dopo l’ultimo test e i lanci di missili a lungo raggio. Le misure Onu sanzionano i lanci di missili balistici di Pyongyang, anche se i lanci a corto raggio tendono a non essere puniti. A marzo la Corea del Nord ha alzato la posta lanciando due missili a medio raggio, in grado di rappresentare una minaccia per i Paesi vicini, come il Giappone. Ma ha fatto sapere che «non tollererà» le ispezioni sulle sue navi previste dalle sanzioni Onu.