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La guerra. L'Ucraina ripiega sull'energia nucleare (che i russi rendono più pericolosa)

Piergiorgio Pescali giovedì 28 luglio 2022

Prima della guerra, il 51% dell’energia prodotta in Ucraina, proveniva dal nucleare, seguita dal carbone, gas naturale, petrolio e rinnovabili (10%). Con gli impianti eolici e solari oggi quasi completamente distrutti o trasferiti in Russia, le centrali idroelettriche che funzionano a singhiozzo, le miniere carbonifere del Donbass controllate da Mosca e gli impianti di raffinazione sotto continui attacchi, l’impatto di produzione energetica totale ucraina dalla fissione nucleare ha oggi raggiunto il 70%, secondo i dati forniti dalla Ukrenergo, l’agenzia energetica nazionale.

Le quattro centrali atomiche del Paese, costruite tutte durante il periodo sovietico e funzionanti con reattori ad acqua pressurizzata Vver di fabbricazione russa, rimangono quindi il perno attorno a cui rotea l’intero apparato energetico di Kiev e risulta chiara l’importanza strategica di mantenerne saldamente il controllo. Tre dei siti atomici ucraini, Rivne, Khmelnytskyy e South Ukraine sono ancora gestiti direttamente dall’Energoatom, l’agenzia atomica nazionale, mentre il quarto, quello di Zaporizhzhia, che ospita sei reattori da 950 MW ciascuno (di cui tre connessi alla rete) e che da sola oggi fornisce il 30% dell’energia nucleare nazionale, è in uno stato di limbo che ne rende difficile non solo la gestione, ma anche la giurisdizione a livello internazionale. Mentre, infatti, l’Aiea ha recentemente visitato tutti gli altri siti ucraini procedendo alle ispezioni di routine per assicurarsi che nulla violi le procedure di sicurezza e di proliferazione militare, dal 4 marzo 2022, giorno in cui le truppe russe hanno occupato Zaporizhzhia, l’agenzia atomica internazionale si trova di fronte ad un doppio confronto da cui è difficile districarsi. Ufficialmente la centrale è ancora sotto il controllo dell’ucraina Energoatom, a cui quindi l’Aiea deve chiedere il permesso per poter svolgere le proprie ispezioni di routine, ma de facto l’occupazione militare di Mosca ha posto la centrale sotto gestione della Rosatom, l’agenzia atomica russa. Mariano Grossi, il direttore dell’Aiea è obbligato quindi a giocare su due fronti, quello ufficiale e quello diplomatico cercando di strappare il consenso di entrambe gli attori per accedere alla centrale, cosa che nessuno dei due sembra intenzionato ad accordare. Anche se il collegamento dei dati in remoto dalla centrale a Vienna (sede dell’Aiea) continua ad essere attivo, le squadre di controllori internazionali hanno bisogno di verificare fisicamente sul posto i materiali nucleari presenti e inventariati. A Zaporizhzhia il controllo risulta particolarmente importante non solo perché si tratta della centrale più grande d’Europa, ma perché i russi hanno rifornito due unità di nuovo carburante nucleare per un prossimo riavvio che, secondo le regole internazionali, non potrebbe avvenire senza una ispezione preliminare da parte di ispettori Aiea. Queste difficoltà rendono la centrale di Zaporizhzhia una sorta di buco nero nella mappa nucleare ucraina: le notizie che provengono dal sito sono frammentarie e prive di conferme. Recentemente le autorità russe hanno accusato gli ucraini di aver bombardato con droni Warmate Ucav di fabbricazione polacca la centrale; notizia smentita da Kiev che ha invece ammesso di aver attaccato con tre droni una postazione russa a Enerhodar, la città satellite della centrale. Da parte sua l’Energoatom ha accusato i russi di aver trasformato le tre unità dei reattori non in funzione in depositi militari e di utilizzare la centrale nucleare come base per attacchi di artiglieria e di missili contro le proprie truppe e i civili.

Difficile capire la solidità di tali accuse (sia russe che ucraine) in un contesto da cui è così difficile avere testimonianze indipendenti ed affidabili. L’Energoatom e altre agenzie ucraine, per ragioni più psicologiche e propagandistiche che reali, hanno più volte lanciato allarmi di imminenti possibili disastri nucleari che si sono sempre rivelati infondati, mentre è ormai nota l’acidità che hanno raggiunto i rapporti tra Petro Kotin, presidente dell’agenzia atomica ucraina e l’Aiea, rea, a detta di Kotin, di essere sottomessa a Mosca. Kiev non ha mai digerito i rapporti di Grossi, in cui si tranquillizzava l’Europa da eventuali disastri annunciati dai vari enti ucraini.