Mondo

Il rapporto Cesvi. «Nel mondo 43 Paesi stanno morendo di fame»

Redazione esteri mercoledì 29 novembre 2023

Dal 2015 la lotta alla fame è arretrata

Una “fotografia” cupa, desolante. Che cattura il deciso arretramento nella lotta alla fame registrato, senza soluzione di continuità, dal 2015 a oggi. Nel mondo 43 Paesi sono alla fame. E "il numero delle persone denutrite dal 2017 è aumentato da 572 milioni a circa 735 milioni”. Il dato emerge dall’Indice Globale della Fame (Global Hunger Index - GHI), tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da Cesvi per l’edizione italiana e redatto annualmente da Welthungerhilfe e Concern Wordlwide, organizzazioni umanitarie che fanno parte del network europeo Alliance2015. «La sovrapposizione delle crisi sta intensificando le diseguaglianze sociali ed economiche, vanificando i progressi sulla fame, mentre il peso più grave è sui gruppi più vulnerabili, come donne e giovani», ha dichiarato Gloria Zavatta, presidente di Fondazione Cesvi.
Come evidenzia il rapporto, in nove Paesi la fame è allarmante: Burundi, Lesotho, Madagascar, Niger, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sud Sudan e Yemen. In altri 34 Paesi è grave. In 18 nazioni dal 2015 la fame è aumentata (situazioni moderate, gravi o allarmanti) e in altri 14 il calo è stato trascurabile (inferiore al 5%). A destare le maggiori preoccupazioni nel 2023 sono Afghanistan, Haiti, Nigeria, Somalia, Sud Sudan, Sudan e Yemen, oltre a Burkina Faso e Mali nel Sahel. «A ostacolare i progressi è la “policrisi”: l’impatto combinato di cambiamento climatico, conflitti e guerre – come la guerra fra Russia e Ucraina e la più recente fra Israele e Hamas –, crisi economiche, pandemie, che inaspriscono le disuguaglianze socio-economiche e hanno rallentato o fermato i precedenti passi avanti», sostiene Valeria Emmi di Cesvi.
Lo scenario più buio è quello che inghiotte le ragazze: donne e bambine rappresentano circa il 60% delle vittime della fame acuta. Il rapporto in particolare punta il dito sul lavoro di assistenza non retribuito, che costituisce “uno dei fattori che contribuiscono al protrarsi della disuguaglianza di genere ed è una delle cause principali della povertà e della fame”.
A rendere ancora più allarmante il quadro è, poi, il cambiamento climatico. Secondo il rapporto "entro la metà del secolo, nello scenario peggiore, potrebbe spingere fino a 158,3 milioni di donne e ragazze in più nella povertà (16 milioni in più rispetto a uomini e ragazzi), mentre l’insicurezza alimentare colpirà almeno 236 milioni in più di donne e ragazze (rispetto ai 131 milioni di omologhi)”.