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Charlie. «L'esperienza della famiglia Gard è identica alla nostra»

Graziella Melina venerdì 14 luglio 2017

«Di bambini nelle stesse condizioni di Charlie in Italia ne conosciamo tanti». Piero Santantonio, presidente dell’associazione Mitocon onlus, non ci sta a far passare il messaggio che la forma molto rara della deplezione del mitocondrio, addirittura poche decine al mondo, renda la vicenda del piccolo paziente inglese un caso a sé. «Al di là della mutazione specifica, della particolarità della sindrome che pure c’è e che interessa soprattutto la scienza, i medici di fronte a un quadro clinico abbastanza simile sono interessati a osservare le differenze. Noi genitori, invece, vediamo semplicemente che abbiamo nostro figlio da accudire in tutto perché non mangia, non deglutisce, non si nutre, non si muove».

Cosa vi preoccupa di più?
Questa storia ci tocca moltissimo, perché se guardiamo Charlie, le considerazioni fatte e le sentenze emesse, e ci giriamo verso i nostri figli cerchiamo di capire se per caso questa sorte prima o poi ci toccherà… L’esperienza della famiglia Gard è identica a quella che molti di noi stanno facendo tutti i giorni. Ribadisco, ce ne sono tanti di piccoli pazienti molto gravi esattamente come Charlie.

Esistono possibilità di cura?
Noi di bambini come Charlie ai quali i medici hanno fatto una diagnosi infausta e hanno dato poche settimane o mesi di vita, ne conosciamo a decine. È vero che in alcuni casi queste profezie si realizzano, ma ne conosciamo tanti in cui il bambino ha continuato a vivere. La scienza medica non sa prevedere. Ecco perché siamo indignati dal comportamento dei medici del Great Ormond Street Hospital di Londra. Noi sappiamo con una maggiore certezza di quanto non lo sappiano loro che non si possono fare previsioni sull’evoluzione di una malattia di questo genere. Come Mitocon stiamo infatti sostenendo da anni il «registro dei pazienti mitocondriali», uno dei maggiori progetti mondiali quanto a censimento clinico dei pazienti, proprio per studiare la storia naturale della malattia, dal suo esordio a come si evolve. Se non la si conosce, non si possono valutare i benefici di una terapia.

Qualcuno solleva dubbi sull’efficacia della terapia sperimentale proposta, memori del caso Stamina…
La scienza medica si avvale di alcuni strumenti proprio per evitare il fatto che si faccia sfociare la sperimentazione in «stregoneria». Stamina non era provata scientificamente. Noi finanziamo i progetti, per ora ne sono aperti tre, secondo i criteri scientifici: una terapia deve superare quattro stadi, solo allora si è dimostrato che è efficace. Nel caso di Charlie, gli scienziati che hanno messo a punto il protocollo sono di altissimo livello e rigore scientifico, con centinaia di pubblicazioni internazionali. La terapia sperimentale proposta ha un razionale assolutamente valido e l’unico dubbio, sulla questione che i nucleosidi non passassero la barriera emato-encefalica, è stato fugato da una serie di esperimenti fatti su modelli animali.

L’alleanza medico-paziente è dunque imprescindibile, per evitare casi di questo tipo.
Charlie ha undici mesi e sta male da dieci. Da 9 mesi si potevano iniziare a fare le prove sulla linee cellulari, esistono modelli animali che possono simulare la mutazione genetica. E invece si sono sprecate risorse, denaro e tempo in questioni giudiziarie. Non vogliamo essere integralisti: situazioni di questo genere implicano una serie di valutazioni personali talmente importanti che il medico e la famiglia rappresentano due facce della stessa medaglia. Ma solo se medico e genitori sono “alleati” si riescono a gestire situazioni così delicate.