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Intervista. Il ministro: «Legge stravolta nell'impunità»

Stefano Vecchia mercoledì 27 aprile 2016
«Indubbiamente, Asia Bibi è vittima di un caso di blasfemia totalmente prefabbricato. Sfortunatamente, la legge viene strumentalizzata e abusata nella massima impunità per ragioni diverse e in base a interessi che spesso sono di vendetta personale». Nessuna ambiguità nel pensiero di Khalil Tahir Sandhu, cattolico, ministro per i Diritti umani e le Minoranze nell’esecutivo che guida la provincia del Punjab e avvocato che ha difeso diversi accusati di offesa alla fede islamica. La storia di Asia Bibi evidenzia quello che all’esterno del Pakistan viene percepito come fallimento del sistema legale, concessioni agli estremisti, paura e opportunismo. È una visione corretta? Sfortunatamente la legge sulla blasfemia viene strumentalizzata e abusata nella massima impunità per ragioni diverse e in base a interessi che spesso sono di sete di vendetta personale. I fondamentalisti religiosi appoggiano chi accusa falsamente per creare paura negli accusati e nello loro famiglie. La sua sentenza di morte è stata sospesa il 22 luglio 2015 per volontà di tre giudici della Corte suprema del Pakistan, Saqib Nisar, Ijaz Ahmad Chaudhri e Umar Ata Bandial e se il sistema legale non può essere colpevolizzato, tuttavia è vero che per la maggior parte i giudici sono intimiditi. Risulta difficile comprendere la politica ufficiale verso gli estremisti. Sembra che i radicali abbiano più potere dei laici e che la sharia sia usata indiscriminatamente... Con iniziative coraggiose, il governo ha proibito interventi pubblici mirati a disseminare odio, imponendo un bando degli altoparlanti. Molti terroristi o fuorilegge sono stati arrestati dalla polizia o dall’esercito. La legge come applicata è problematica anche per i musulmani, maggioranza degli arrestati per l’accusa di blasfemia. Tuttavia, dato che i cristiani sono un anello debole della società, sono relativamente più vulnerabili. Per la politica aggressiva della maggioranza, le minoranze religiose sono facilmente messe in condizioni di assoggettamento. Il reato di blasfemia non è solo infamante per chi è accusato, ma anche per la sua famiglia, costretta poi a vivere nell’insicurezza. Come la politica e lo Stato possono contrastare la violenza e la radicalizzazione che sembrano oggi prevalenti nella società pachistana? Personalmente ho preso in carico diversi casi di blasfemia e ho contribuito alla fine positiva di 37 di essi. Ho anche difeso Asia Bibi nel suo caso in appello davanti all’Alta corte di Lahore nell’ottobre 2014. A parte questo, essendo l’unico cristiano nel gabinetto ministeriale del Punjab ho tutte le ragioni per condannare le violenze e per credere che il governo stia facendo il possibile per eliminare la radicalizzazione a ogni livello. Come i pachistani vedono il dramma di Asia Bibi e quali iniziative sono possibili per proteggerla e consentirle di ottenere finalmente libertà e riabilitazione? Il giudizio con cui l’Alta Corte di Lahore ha confermato la pena capitale non ha alcuna logica e è fuori dal Diritto. Il giudice non ha applicato la logica giuridica nell’esaminare i fatti e le prove a favore che indicano senza alcun dubbio la sua innocenza. La sua dichiarazione d’innocenza è stata letta in una luce che ha provocato danni immensi e ha fatto abortire la giustizia nei suoi confronti. Tuttavia, dato che il suo appello potrebbe essere accolto in ogni momento della Corte suprema, in quanto parte della sua difesa, sono molto ottimista che giustizia sarà presto fatta. Quali sono i suoi rapporti con Asia Bibi?  Frequenti, per quanto possibile. Le telefono spesso nel carcere distrettuale femminile di Multan e la trovo abitualmente su di morale. In questo un ruolo l’ha la preghiera nella sua cella in isolamento. Spesso quando la chiamo sta recitando il rosario. Incontro a volte anche il marito e i figli, a Lahore, inclusa la figlia con handicap mentali e fisici. La vicenda di Asia Bibi ha mostrato più di altre l’abuso della “legge sulla blasfemia”. Si può pensare a una sua modifica? Posso dire che l’intera società civile e i musulmani moderati sono sinceramente preoccupati della situazione ma hanno anche timore di discutere apertamente la questione e sostenere una modifica per timore delle conseguenze.