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Le due gemelline siamesi. Il papà: «Non posso scegliere quale far vivere»

Angela Napoletano, Londra martedì 6 agosto 2019

Marieme e Ndeye condividono organi vitali. Il padre le ha portate dal Senegal a Londra sperando in un intervento, poi rifiutato perché una morirebbe «Sono uguali» Se ne andranno insieme. L’ospedale si è detto d’accordo Ibrahima Ndiaye con le figlie Marieme e Ndeye, di tre anni / Bbc

Nessuno separerà mai Marieme e Ndeye, due gemelline siamesi, attaccate l’una all’altra dalla nascita. Finché ce la faranno, le piccole, tre anni, continueranno a crescere così, come se fossero un unico corpo, condividendo il fegato, l’apparato digerente e l’intestino. A deciderlo è stato il padre, Ibrahima Ndiaye, che dopo aver portato le bambine dal Senegal a Londra, al Great Ormond Street Hospital, sperando di vederle sottoposte a un intervento che le separasse salvandole entrambe, ha deciso di non mettere a rischio la loro vita, in particolare quella di Marieme, che ha il cuore più debole e potrebbe non riuscire a sopravvivere all’operazione. «Fuoco e ghiaccio», come le chiama amorevolmente il padre riferendosi alle loro diverse personalità, rimarranno così fino a quando non arriverà la loro ora. In queste condizioni, le piccole sono infatti destinate a morire insieme. Papà Ibrahima ne è consapevole: «Quando Marieme comincerà a morire, non ci sarà tempo per separarle e salvare Nduey», racconta nel documentario «Gemelle congiunte: una decisione impossibile» (andato in onda lunedì sera) che la Bbc ha dedicato al caso.

Dopo tanti interrogativi e ripensamenti, spiega, la decisone è arrivata facendo prevalere «il cuore, non il cervello». «Sono insieme – sottolinea – e sono uguali ». Il padre parla anche a nome della madre rimasta in Senegal con gli altri quattro figli. Le gemelline sono arrivate a Londra quando avevano appena otto mesi. Il Great Ormond Street Hospital di Londra è stato tra i pochi ospedali al mondo, tra quelli interpellati dalla famiglia Ndiaye, ad aver offerto la disponibilità a valutare il caso.

L’équipe specializzata in questo genere di interventi, e guidata dal chirurgo di origini italiane Paolo De Coppi, è sempre stata molto realista sui rischi dell’intervento. La difficoltà maggiore, soprattutto adesso che le bambine sono cresciute, è rappresentata dal sistema cardiocircolatorio che, dicono gli esperti, lega tra loro le due piccole pazienti in modo molto complesso. La decisione della famiglia di rinunciare alla separazione delle gemelline, bisogna sottolinearlo, è stata rispettata dall'ospedale che, come avvenuto in passato, avrebbe potuto ricorrere al tribunale per eseguire l’intervento.

Il precedente più famoso risale al 2000 quando due bambine siamesi di origine maltese, Mary e Jodie, furono separate al St Mary’s Hospital di Manchester contro il volere dei genitori. Un ricorso dell’ospedale al tribunale rese possibile l’intervento, durato oltre 20 ore, durante il quale Mary morì lasciando che sua sorella sopravvivesse. Dal punto di vista medico, il caso delle bambine senegalesi, spiegano gli esperti, è probabilmente molto più complesso e rischioso di quello delle maltesi, poiché i loro corpi condividono organi di importanza vitale come il fegato.