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In Nigeria il nuovo presidente. L’alternanza che è mancata

Giulio Albanese giovedì 2 marzo 2023

Tutto secondo copione. Il candidato del partito al governo in Nigeria, Bola Ahmed Adekunle Tinubu, ha vinto le elezioni presidenziali nel Paese più popoloso dell’Africa. L’opposizione ha chiesto l’annullamento della consultazione denunciando brogli «massicci». Considerando che la popolazione locale è stimata oltre la soglia dei 220 milioni di abitanti e che l’età media è di 18,5 qualcosa non torna. Sarà mai possibile che un Paese così giovane abbia scelto un 70enne del All Progressives Congress ( Apc), il partito del suo predecessore Muhammadu Buhari? Da rilevare che la performance del presidente uscente, nel corso dei suoi due mandati, è stata disastrosa.

La Nigeria galleggia sul petrolio ed è considerata la prima economia africana con un il Pil al + 3% grazie alla crescente domanda petrolifera globale a seguito crisi russo-ucraina. Peccato che le diseguaglianze sotto la presidenza di Buhari siano cresciute soprattutto per la corruzione dilagante. Con il risultato che dentro i confini di questo gigante africano vi sono 133 milioni di abitanti, pari al 63% della popolazione totale, che soffrono la povertà di cui 91 milioni sopravvivano in condizioni di estrema indigenza, con una disoccupazione che oscilla tra il 33 e il 34%.

Eil 40 per cento in povertà assoluta. Tinubu, di fede islamica, è una figura estremamente controversa. In più circostanze è stato accusato di arricchimento illecito durante il suo mandato come governatore di Lagos e nel corso della sua carriera imprenditoriale. Basti pensare che nel 1993, quando era negli Usa, è stato indagato dalle autorità federali per il suo reddito eccessivamente alto, legato in parte al traffico di eroina. Le indagini processuali rivelarono che che Tinubu aveva prestato servizio come portaborse per due spacciatori di eroina di Chicago all’inizio degli anno Novanta. Viene dunque spontaneo domandarsi come sia possibile che Tinubu abbia ottenuto 8,8 milioni di voti superando Atiku Abubakar del People’s Democratic Party (6,9 milioni di voti) e Peter Obi del Labour Party (6,1 milioni di voti). Sulla carta gli aventi diritto, sabato scorso, giorno delle votazioni, gli aventi diritto dovevano essere oltre 87 milioni.

Allora i casi sono due: vi potrebbe essere stato un forte tasso di astensionismo (oltre 65 milioni avrebbero disperso le preferenze o disertato le urne) o altrimenti qualcuno ha fatto sparire milioni di schede. Mentre scriviamo, la Commissione elettorale non ha ancora reso noto il numero dei votanti ma sono in molti a pensare che dietro le quinte si celino gli interessi delle lobby petrolifere locali e straniere che da sempre hanno spadroneggiato, acuendo l’esclusione sociale della stragrande maggioranza della popolazione. Fonti della società civile, che hanno chiesto l’anonimato per ovvi motivi di sicurezza, sostengono che la vittoria di Tinubu sia stata possibile grazie al sostegno di alti ufficiali delle forze armate e di complicità ben radicate all’interno dell’amministrazione federale. Il grande sconfitto di queste presidenziali è «Obidient», un movimento nato per sostenere la campagna elettorale di Obi.

Esso ha avuto il suo incipit nel 2020 con la mobilitazione #EndSars quando migliaia di giovani scesero in piazza chiedendo la fine dell’unità speciale di polizia Sars (Special anti-robbery squad), nota per gli arresti indiscriminati seguiti da estorsioni, torture o uccisioni, di cittadini innocenti. Proprio come #EndSars, il movimento «Obidient» ha visto una forte partecipazione delle giovani donne di ogni ceto sociale, in risposta al desiderio dei giovani di contrastare la gerontocrazia nigeriana, dando alla componente femminile maggiori possibilità di partecipazione. È importante sottolineare che Obi oltre ad avere grande autorevolezza sulle masse è un cattolico e dunque la sua sconfitta potrebbe pesare notevolmente nelle già difficili relazioni tra il nord del Paese di tradizione islamica e il centro-sud a maggioranza cristiana e animista. Il fatto che non vi sia stata un’alternanza – il presidente uscente Buhari è musulmano come Tinubu – potrebbe avere delle ripercussioni nei già difficili equilibri all’interno del «sistema-Paese». Il terrorismo islamista che interessa principalmente gli Stati settentrionali, unitamente al dilagare della delinquenza nell’area centromeridionale del Paese, sono sintomatici dell’incapacità da parte delle autorità governative di garantire lo Stato di diritto. Molti dubitano sul fatto che il nuovo presidente Tinubu sia in grado di ristabilire la legalità, riformando le forze armate e la polizia. Non resta che vederlo all’opera e sarà la storia a giudicare.