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MEDIO ORIENTE. La Ue spinge Netanyahu: «Serve una soluzione per Gaza»

Daniele Zappalà lunedì 23 febbraio 2009
L’Unione europea cerca di forzare i tempi per opporsi a nuovi insabbiamenti del processo di pace in Medio Oriente. Riuniti a Bruxelles, i capi delle diplomazie dei 27 hanno ribadito ieri che il dialogo israelo-palestinese non può concedersi pause, nonostante le trattative politiche ancora in corso per la formazione del governo israeliano. Alla vigilia di una nuova tournée in Medio Oriente che comincerà oggi, l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Javier Solana, ha assicurato che l’Europa resta in prima linea: «Ci sforzeremo di proseguire il processo di pace, credo che il momento di contribuire alla gestione della crisi a Gaza sia terminato e che occorra passare alla soluzione del conflitto il più presto possibile». Il rappresentante diplomatico si recherà in Israele, a Ramallah (Cisgiordania), in Egitto, Siria e Libano. Una tournée che si svolgerà in corrispondenza anche della nuova tornata di colloqui di riconciliazione, al via domani, fra l’Autorità nazionale palestinese (Anp) di Abu Mazen e i nemici interni di Hamas. Già oggi, inoltre, era in visita a Gaza una delegazione dell’Europarlamento guidata dal presidente Hans-Gert Pottering. Pur giudicando prematura qualsiasi dichiarazione sull’atteggiamento del nuovo governo israeliano, la maggioranza dei pareri emersi a Bruxelles esprimeva un cauto ottimismo. Per Franco Frattini, «è semplicemente impossibile abbandonare questa strategia dei due popoli due Stati che vivano in pace e sicurezza». E la presidenza ceca dell’Unione, da parte sua, ha ribadito che occorre «avanzare». Un segnale d’incoraggiamento indiretto agli sforzi europei è giunto in giornata da Washington. Il segretario di Stato Hillary Clinton visiterà Israele e le autorità palestinesi dopo aver partecipato alla Conferenza internazionale del 2 marzo al Cairo che riunirà circa 70 Paesi donatori per la ricostruzione nella Striscia di Gaza e dove gli Usa annunceranno un contributo di oltre 900 milioni di dollari. Un evento organizzato proprio in quell’Egitto teatro dell’attentato appena costato la vita a una giovane francese. In proposito, il ministro Bernard Kouchner ha ribadito la condanna di Parigi, anche in ragione della particolare «crudezza» dimostrata. Ma il ministro ha aggiunto che «occorre aver fiducia nelle autorità egiziane, nella loro ricerca dei responsabili». Poche ore prima, il premier François Fillon aveva già parlato di «attentato odioso».È sempre in Egitto che si apriranno domani, sotto l’egida del Cairo, le nuove discussioni fra l’Anp e Hamas. In vista dei colloqui, Abu Mazen ha auspicato ieri «che Hamas sia rappresentato nell’ambito di un governo di unità nazionale e che questo governo assuma una posizione unitaria verso il raggiungimento della pace». Ma a poche ore dall’appuntamento, resta palpabile il timore che tali dichiarazioni possano cadere nel vuoto. Sul fronte israeliano, intanto, è giunto un segnale in chiaroscuro. Amos Gilad, il negoziatore israeliano di riferimento nelle trattative con l’egiziano Omar Suleiman, è stato destituito dall’incarico per insubordinazione dopo le critiche che aveva rivolto al premier uscente Ehud Olmert. Il processo di pace conosce dunque nuove incognite.