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Cina. La tragedia di Tianjin fa tremare Pechino

Francesca Bertoldi martedì 18 agosto 2015
Le proteste sono dilagate. Prima sul posto. Poi su Internet. E hanno “bucato” il muro di gomma con il quale il regime cinese sta cercando di anestetizzare gli effetti della crisi innescata dall’esplosione che, la scorsa settimana ha provocato, la morte di almeno 114 persone e il ferimento di 700 nella città portuale di Tianjin, nel nord della Cina. A sei giorni dalla deflagrazione, che alcuni residenti della metropoli hanno paragonato ad un forte terremoto, altri a un’esplosione nucleare, la situazione è sfuggita di mano alle autorità, sempre molto attente a tutto quello che si può tramutare in «instabilità sociale».  L’esplosione è avvenuta in un deposito di materiale chimico dell’impresa Ruihai International Logistic, una compagnia nata nel 2011 per importare ed esportare materiale chimico e di altro tipo. Responsabili della municipalità hanno ammesso che nel deposito c’erano 700 tonnellate, invece delle dieci autorizzate dalla legge, del pericoloso cianuro di sodio, un composto infiammabile ed esplosivo usato tra l’altro nelle miniere di oro e argento.  Inoltre, il magazzino si trovava a 500 metri da alcune abitazioni, mentre la distanza minima consentita è di un chilometro. Il premier Li Keqiang, giunto sul posto due giorni fa, quattro dopo il disastro anche se Pechino dista poco più di cento chilometri da Tianjin, ha assicurato ieri ai cittadini che «i responsabili saranno puniti». In maniche di camicia, per una volta non sorridente, Li – economista che si è calato con fatica nel ruolo di “amico del popolo” riservato dal sistema cinese al capo del governo – ha aggiunto che «siamo debitori di una risposta alle famiglie delle vittime, a tutti gli abitanti di Tianjin, a tutto il popolo cinese e alla storia ». I primi a protestare sono stati i parenti dei vigili del fuoco, 39 dei quali sono tra le vittime e i dispersi (che in tutto sono 70, secondo le cifre diffuse dai media), giovani e giovanissimi mandati allo sbaraglio a cercare di domare l’incendio che in un secondo momento, quando già i pompieri erano sul posto, ha provocato la terribile deflagrazione. Poi è partita una valanga di critiche su Internet, che le autorità hanno cercato invano di bloccare, chiudendo una cinquantina di siti Web accusandoli di allarmismo.  Un centinaio di residenti ha chiesto di essere indennizzata e trasferita a spese dello Stato in luoghi più sicuri. La rivista Caijingha scritto che il figlio del capo della polizia di Tianjin è uno degli azionisti della Ruihai, il cui presidente è rimasto ferito nell’esplosione e si trova in ospedale, piantonato da un nutrito schieramento di poliziotti. Il governo locale ha assicurato che tutte le tracce di cianuro di sodio verranno eliminate rapidamente, e ha aggiunto di aver bloccato tutti i canali che potrebbero portare in mare il veleno.