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IL CASO DELL'AJA. La strana Olanda di Wilders: «anti-islam ma non razzista»

Franco Serra domenica 11 luglio 2010
Attorno alla statua di Guglielmo di Orange nel cuore della capitale accade ancora di assistere a discussioni civilissime sugli argomenti politici del giorno, anche i più caldi. Sotto lo sguardo del primo re dei Paesi Bassi, il commerciante Martin van Lietroop, l’artigiano Manuel Tardiu, la contabile Ewa Baczych e l’autista Suleiman Koné parlano di terrorismo, integrazione degli immigrati e rapporti tra cristiani, musulmani ed ebrei. Prendono la parola a turno, non si danno sulla voce, si sforzano di non alzare il tono. Spettacolo confortante di rispetto delle opinioni altrui e di una convivenza tra religioni che è una regola aurea dello Stato, anche se il sovrano deve appartenere alla Chiesa riformata d’Olanda come ai tempi di re Guglielmo I, che dovette abdicare per sposare una cattolica. Il capannello attorno alla statua, tuttavia, corrisponde sempre meno alla realtà di un Paese che per secoli è stato visto come modello di tolleranza e democrazia in una società multireligiosa e multietnica, con una forte identità nazionale e impegnata nell’integrazione europea. Dire che tutto ciò appartiene al passato sarebbe eccessivo, avverte il politologo Bas Heijne, ma è vero che «ormai la gente non si sente più tutelata dal modo tradizionale di fare politica». È un lento smottamento quello che va avanti nel Paese dei polder. Iniziato otto anni fa quando Pim Fortuyn, tribuno populista e omosessuale dichiarato, arrivò alla ribalta con lo slogan «l’Olanda è piena», per bloccare un’immigrazione additata – in base a ragioni culturali e non razziste, precisava – come «minaccia mortale» per l’Olanda che per rimanere leefbaar, vivibile, doveva sbarazzasi della tradizione consensuale di buonismo steroetipato. Fortuyn fu ucciso il 6 maggio 2002 da un giovane autoctono (autochtoon, in contrapposizione con allochtoon, immigrato di prima o seconda generazione). Fu il primo assassinio politico dal XVII secolo. Nove giorni dopo, le elezioni diedero 26 deputati alla Lista Pim Fortuyn (Lpf), facendone il secondo partito dopo i democristiani del Cda. Quattro ministri Lpf entrarono con Cda e liberali in un governo durato tre mesi. Scomparso il Lpf, privo di organizzazione e dirigenti, Fortuyn ha avuto però un erede. Sbandierando slogan anti-islam, anti-immigrazione e anti-Ue, l’ex-liberale Geert Wilders ha fondato il Pvv, Partito per la libertà: 9 seggi sui 150 della Camera nel 2006, 17% dei voti e quattro seggi nelle europee del 2009, fino al balzo in avanti del 9 giugno, nelle ultime elezioni nazionali. Il Pvv è ora il terzo partito con 24 seggi, dopo i 31 dei liberali del Vvd di Mark Rutter e i 30 dei laburisti del Pvda di Job Cohen, che come sindaco di Amsterdam ha fatto di tutto per integrare gli immigrati. E il Cda, da decenni pilastro dei governi, è sceso da 40 a 21 seggi portando alle dimissioni del suo leader, Jan Peter Balkenende, che rimane premier in attesa di un nuovo esecutivo. L’Olanda è diventata così un cantiere della nuova estrema destra europea, con un Pvv violentemente anti-islamico ma ufficialmente non razzista, pronto a strumentalizzare i temi della criminalità e del terrorismo, contrario alla discriminazione degli omosessuali, nazionalista ma non militarista, filo-israeliano, euroscettico ma presente nell’Europarlamento, a favore della solidarietà occidentale ma per il ritiro dei soldati dall’Afghanistan. Con un programma populista di cui gli avversari denunciano la demagogia – pur riconoscendo che fa leva su preoccupazioni reali nel Paese –, Geert Wilders è diventato un interlocutore chiave. E soprattutto si è imposto come il protagonista più appariscente, che condiziona a tutti i livelli la vita di un Paese famoso (fino a ieri) per la sua cultura di tolleranza. Tra i partiti che trattano per il nuovo governo circolano tentazioni di prendere a bordo il Pvv o quantomeno di patteggiarne l’appoggio esterno. Secondo il politologo André Krouwel, «il desiderio più forte è tra i liberali, per avere finalmente un premier dopo 100 anni». I migliori "alleati" di Wilders rimangono comunque gli integralisti islamici. «Sono comunità che non vanno isolate – ammonisce Jan Tillie, sociologo dell’università di Amsterdam –, perché si sa che l’isolamento spinge all’estremismo». Secondo l’Aidv, il servizio olandese di sicurezza, sul milione di residenti musulmani (6% della popolazione) 50.000 sono "estremisti potenziali" e 1.200 sostengono attivamente i 200 "pronti alla violenza". Per ferire a morte l’immagine della vecchia Olanda Felix, ne basta uno solo. Come Mohammed Bouyeri, l’olandese-marocchino che nel 2004 ha ucciso Theo Van Gogh, regista di Submission, film denuncia sul trattamento delle donne nel mondo musulmano. Nella migliore tradizione olandese, al suo assassino Van Gogh ha rivolto un invito al dialogo: «Possiamo discutere, no?». Bouyeri gli ha sparato, gli ha tagliato la gola e sul corpo ha fissato col pugnale una lettera di minacce contro Hirsi Ali, sceneggiatrice di Submission. Gli olandesi ricordano quel giorno come «il nostro 11 settembre».