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NORVEGIA. La strage: prima il centro di Oslo, poi l'isola campeggio

venerdì 24 agosto 2012
Anders Behering Breivik, l'estremista di destra di 33 anni condannato oggi a 21 anni di reclusione, il 22 luglio 2011 sconvolse la Norvegia con due attentati che uccisero otto persone nel centro di Oslo e 69 nel campo estivo dei giovani laburisti a Utoya, un'isoletta a una trentina di chilometri a ovest della capitale.Aveva pianificato tutto con estrema cura, aveva acquistato i componenti per costruire l'ordigno da far deflagrare nel cuore del Regieringskvartalet, il "quartiere del governo" a poche centinaia di metri dal Parlamento. E li aveva assemblati in una fattoria in mezzo alla campagna affittata solo tre mesi prima, il 17 aprile.Un attentato di depistaggio che doveva servire (e così è stato) ad attirare gli uomini dell'antiterrorismo e i soldati dell'esercito nel cuore della capitale norvegese, senza prestare attenzione a quell'uomo vestito da poliziotto che si dirigeva verso Utoya, dove 650 giovani attivisti del Partito laburista erano riuniti per il tradizionale appuntamento estivo per una vacanza di formazione.La bomba di Oslo è esplosa alle 15.26: otto i morti (sette subito, uno dopo alcuni giorni in ospedale), numerosi i feriti. Mentre si rafforzavano le misure di sicurezza in tutti i luoghi del potere e i membri della famiglia reale venivano portati al sicuro, Breivik si stava già dirigendo verso Utoya.Quando è arrivato, poco meno di tre ore dopo l'esplosione a Oslo, ha subito eliminato l'unico agente armato che c'era sull'isolotto. Poi ha sparato per oltre un'ora e mezza contro ragazze e ragazzi indifesi, che tentavano di nascondersi o fuggire buttandosi in mare, o rimanevano pietrificati a implorare pietà di fronte a qualcosa che non potevano capire. Le vittime alla fine sono state 69, i feriti oltre 150.L'assassino si è arreso alla polizia senza opporre resistenza quando si è reso conto di non avere più vie d'uscita. Ma dal suo primo sparo era passata un'ora e mezza e i dodici ettari di abeti e betulle erano ormai trasformati in un inferno disseminato di cadaveri.