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Spagna. La salma di Franco via dal mausoleo

Paola Del Vecchio, Madrid venerdì 25 ottobre 2019

L'arrivo della salma al Pardo (Ansa)

Un silenzio siderale sottolinea la solennità del momento quando, alle 12.55, il feretro con i resti di Francisco Franco esce dalla basilica della Valle dei caduti, portato a spalla dai nipoti. Dopo quattro decenni di democrazia, la Spagna salda un debito storico con le oltre 33mila vittime della repressione franchista interrate nel mausoleo ai piedi della sierra di Guadarrama.

E “cancella” l’unico monumento di Stato in Europa dedicato a un dittatore: lui stesso fece edificare a sua perpetua gloria. Né inni né onori militari accompagnano, per volere dei parenti, la bara, la stessa in cui il “caudillo” fu sepolto il 23 novembre 1975, ora avvolta nello stendardo della Cruz di San Fernando e coperta da una corona d’alloro con le 5 rose falangiste. La bandiera franchista, portata dal nipote Francis Franco, è stata ritirata d’autorità, come i telefoni mobili, per impedire foto o riprese destinate a diventare oggetto di culto per i nostalgici. Il silenzio è rotto solo dai “Viva Franco! Viva Spagna!”, intonati due volte dai 22 familiari, i soli ammessi alla spianata, isolata dall’alba da un massiccio spiegamento della Guardia Civil. Sulle scale del sagrato, la ministra di Giustizia, Dolores Delgado, come “prima notaia del Regno”, affiancata da un perito e dal sottosegretario alla presidenza, con rictus severo simbolizza lo Stato. Sovrintende che l’operazione voluta dall’esecutivo socialista, approvata dal Parlamento e avallata dalla Corte Suprema, si svolga senza incidenti. Mentre il priore Santiago Cantera, che ha affiancato i Franco nella strenua battaglia legale contro l’esumazione, benedice le spoglie mortali.

L’immagine seguente è l’elicottero con il feretro che si staglia nel cielo gelido e azzurro, lasciandosi alle spalle la gigantesca croce di 150 metri della Valle de los Caidos per dirigersi verso il Pardo, dove Franco è stato inumato nel più discreto cimitero pubblico di Mingorrubio. Nel panteon di famiglia, accanto alla moglie Carmen Polo, morta nel 1988, poco distante da quella che fu la sede del governo franchista. Cantici del “cara al sol”, fra i gruppi di ultrà di destra, in attesa fuori il camposanto. Gli unici momenti di tensione, all’arrivo di Antonio Tejero, l’ex tenente colonnello autore del tentato golpe del 23 febbraio 1981, con l’irruzione armata nel Parlamento. È accolto calorosamente dai militanti, che fra spintoni e insulti aggrediscono alcuni giornalisti. Il figlio, Ramóm Tejero, parroco a Malaga, celebrerà la Messa privata per i parenti del caudillo assieme al priore Cantera.

«Si è posta fine a un’offesa morale e a un aggravio alla democrazia. È un passo avanti verso la riconciliazione», ha celebrato il presidente del Consiglio ad interim, Pedro Sánchez. Ma ha raccolto dalle opposizioni accuse di «elettoralismo», a meno di due settimane dal voto anticipato del 10 novembre.