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LA RIFORMA IN SPAGNA. La sfida a Zapatero: i figli in arrivo contano come quelli già nati

Lucia Capuzzi sabato 31 ottobre 2009
Cittadini a tutti gli effetti. E, per questo, con lo stesso diritto degli altri ad avere un alloggio. A riconoscere le prerogative dei bambini non ancora nati, è una nuova risoluzione del governo autonomo – o Generalitat – della regione valenciana, guidato dal Partito Popolare. Il provvedimento stabilisce che i membri della famiglia “in arrivo” vengano conteggiati come già nati nella domanda per l’assegnazione delle casi popolari, a livello locale e nazionale. Se, cioè, una coppia aspetta un bambino, il nucleo viene considerato di tre persone e non di due, come è stato finora. Per dimostrare la gravidanza è necessario presentare un certificato medico.Si tratta di una novità importante. Anche perché arriva proprio mentre nel Paese si discute il progetto di legge per la legalizzazione dell’aborto, voluta dal governo Zapatero. Non a caso, l’esecutivo centrale ha ventilato l’ipotesi di ricorrere contro la risoluzione valenciana, ideata dal vicepresidente regionale Juan Cotino. «Attribuire diritti ai feti pone dubbi sulla legalità della misura. Le gravidanze, poi, non sempre vengono portate a termine. Se il bambino non nasce si toglie la casa alla famiglia?», ha commentato il delegato governativo Luis Felipe Martinez. La Generalitat di Valencia, però, va avanti. La risoluzione sulle case popolari è la prima di una lunga serie, elaborata dalla Generalitat, in cui i “figli non nati” vengono ritenuti membri effettivi della famiglia. Almeno per quanto riguarda la garanzia dei servizi sociali. A breve, i “bambini in arrivo” faranno aumentare i componenti effettivi della famiglia nella distribuzione di incentivi per l’istruzione. Verrà, inoltre, previsto un fondo straordinario per le gravidanze a rischio. I provvedimenti sarebbero dovuti entrare in vigore nel 2010. La Generalitat valenciana ha però deciso di anticipare i tempi. Per dare un segno che gran parte della Spagna non è d’accordo con Zapatero sull’aborto.Un dato confermato anche da un sondaggio pubblicato ieri dal quotidiano di sinistra Publico.Secondo il giornale, tre spagnoli su quattro sono contrari al fatto che le adolescenti fra i 16 e i 18 anni possano interrompere la gravidanza, fino alla quattordicesima settimana, senza nemmeno avvertire i genitori, come previsto nel nuovo disegno di legge all’esame del Parlamento. Una disposizione inammissibile per ben il 73% dei cittadini. Fra questi, anche il 64% degli elettori socialisti. Oltre il 43% degli spagnoli ritiene che le ragazzine non debbano essere lasciate sole di fronte alla scelta se abortire o meno. La decisione dovrebbe essere presa insieme ai genitori.Un’opinione condivisa dalle stesse adolescenti. La maggior parte di loro – circa il 70% – ha dichiarato di considerare fondamentale il parere dei genitori in una simile circostanza. Esiste poi un campione più ristretto di adulti – il 31% – secondo cui dovrebbero essere madre e padre ad avere l’ultima parola. Solo una minoranza, infine, il 26%, è convinto che la decisione spetti unicamente alla futura mamma adolescente, senza che questa debba consultarsi con altri. Non è, però, solo la parte dell’aborto libero per le ragazzine a preoccupare i cittadini. La Spagna è spaccata sulla legalizzazione dell’aborto, con un 41,6% di favorevoli e il 40,8 di contrari.