Mondo

La mappa. La minaccia globale non è solo islamista

Daniele Zappalà giovedì 23 ottobre 2014
Nordafrica e Medio Oriente, Africa subsahariana, Asia, America latina. Sono le quattro vaste aree storico-culturali o continentali dove la fosca geografia delle persecuzioni anticristiane emerge in modi spesso estremamente diversificati su scala nazionale, secondo il Libro nero della condizione dei cristiani nel mondo.Per lo storico francese Bernard Heyberger, le persecuzioni nei Paesi mediterranei e mediorientali a maggioranza musulmana è spesso pure il frutto di contraddizioni intestine: «La storia recente di Algeria e Iraq conferma che i conflitti interni all’islam si accompagnano a una competizione per la legittimità religiosa, la quale si traduce in rigurgiti xenofobi e nel fanatismo anticristiano e antiebraico».Se l’“epurazione etnica” in corso in Iraq e Siria produce il rischio concreto di un prosciugamento di comunità autoctone bimillenarie, i migranti cristiani crescono numericamente nel Golfo Persico e nel Maghreb, pur restando pubblicamente imbavagliati. Il caso turco è invece considerato emblematico di un durissimo braccio di ferro in corso per il pluralismo. In proposito, il volume sottolinea il valore simbolico del martirio di Andrea Santoro, Hrant Dink e Luigi Padovese, «colpiti perché testimoniano di un’universalizzazione dei legami umani, di radice evangelica, che converge coi progetti dell’islam moderato», scrive lo storico Augusto D’Angelo. A sua volta, l’Egitto è «a un bivio», secondo il ricercatore Tewfik Aclimandos, che analizza finemente gli attuali tentativi di ricomposizione del tradizionale clima interconfessionale da cui dipende il futuro dei copti. Se i circa centomila cristiani d’Iran vivono in una situazione di “libertà vigilata”, nella Libia in preda al caos si può parlare di una “Chiesa del silenzio”, dove i cristiani migranti giunti dalle Filippine o dall’Africa subsahariana, «in buona parte schiavi dei tempi moderni, trovano in chiesa il rifugio e l’asilo che viene loro rifiutato altrove», scrive l’ex nunzio Dominique Rézeau, reduce da una lunga permanenza nel Paese.Venendo all’Africa subsahariana, nella Nigeria condizionata dalla spaventosa minaccia terrorista di Boko Haram, si assiste pericolosamente alla «progressiva sostituzione delle voci cristiane moderate nei confronti dei musulmani – spesso quelle dei vescovi cattolici e anglicani – con istanze cristiane più radicali», secondo l’esperto Jan de Volder. Fra irrigidimenti autoritari (Eritrea) e caos armato (Somalia), il cristianesimo è «particolarmente minacciato» pure in tutto il Corno d’Africa.Al di là degli Urali, «qualsiasi sviluppo avranno l’attuale contesto delle società asiatiche e le politiche che operano al loro interno, dobbiamo presumere che le persecuzioni contro le crescenti minoranze cristiane, che destabilizzano gli equilibri sociali e politici esistenti, proseguiranno», sostiene Michael Kelly, gesuita, direttore della principale agenzia di stampa cattolica in Asia. Accanto alla “febbre nazionalista” che semina morte in India, le speranze, le battaglie e i drammi dei cristiani, in Paesi come Cina e Vietnam, evolvono pure in mezzo alle “macerie del totalitarismo”.In America latina, nonostante la fine delle grandi persecuzioni dittatoriali, «i cristiani impegnati continuano a pagare a caro prezzo la loro “preferenza ai poveri”», riassume lo storico franco-messicano Jean Meyer, ricordando che ancor oggi i frequenti «rapimenti, sequestri, torture, assassinii arrivano raramente sulle prime pagine dei giornali».