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Catalogna. Nuovo ordine di arresto per Puigdemont. In cella 5 leader indipendentisti

Sergio Soave venerdì 23 marzo 2018

Il leader catalano Carles Puigdemont (Ansa)

Il Gip del tribunale supremo spagnolo Pablo Llarena ha formalmente incriminato per ribellione e rinviato a giudizio l'ex presidente della Generalitat della Catalogna Carles Puigdemont e altri 12 leader indipendentisti catalani, fra cui il candidato presidente Jordi Turull, l'ex vicepresidente della Catalogna Oriol Junqueras, l'ex presidente del Parlament Carme Forcadell e la leader di ErcMarta Rovira. Rischiano 30 anni di carcere.

Llarena ha inoltre ordinato l'incarcerazione preventiva di Turull, Forcadell e degli ex ministri catalani Raul Romeva, Joseph Rull e Dolors Bassa. E ha ordinato di riattivare l'ordine di arresto internazionale ed europeo contro l'ex presidente della Generalitat della Catalogna, Carles Puigdemont, in esilio in Belgio.

La vicenda catalana, che sembrava arrivata a una svolta, resta invece indecifrabile. I due maggiori partiti indipendentisti avevano trovato un accordo per eleggere presidente della Generalitat (cioè della giunta regionale) Jordi Tarull, che a differenza dei candidati individuati in precedenza, Carles Puidgemont, il presidente uscente, e Jordi Sanchez, non è in custodia preventiva o soggetto a mandato di cattura. Anche Tarull è indagato per sovversione e oggi dovrà presentarsi al giudice che deciderà se arrestarlo. Proprio questa circostanza ha indotto il presidente del Parlament catalano a convocare urgentemente, per ieri pomeriggio, l’assemblea con l’obiettivo di eleggere Tarull prima di eventuali altre iniziative giudiziarie. Però il terzo partito indipendentista, la Cup, ha rifiutato di convergere sull’investitura di Tarull, perché ritiene che in questo modo si seguono le imposizioni di Madrid invece di dare corso all’indipendenza proclamata nel novembre scorso.

Tarull è stato in passato un dirigente del partito catalanista moderato Convergencia e ha collaborato strettamente con Jordi Pujol e Artur Mas, che il movimento anticapitalista della Cup ha sempre avversato. Ha poi scelto una via più intransigente, è stato tra coloro che hanno indotto Puigdemont a proclamare la Repubblica invece di indire le lezioni anticipate, ma questo non basta a cancellare i suoi legami con la finanza catalana, che per la Cup sono insopportabili. D’altra parte la sua candidatura aveva il senso di un lento e tortuoso ritorno alla gestione dell’autonomia catalana (oggi sospesa dal commissariamento di Madrid) mentre la Cup insiste nella ribellione e nella gestione della repubblica.

A Madrid brinderanno per l’ennesimo insuccesso del fronte indipendentista? A prima vista si direbbe di sì, ma in fondo il governo spagnolo sa di aver bisogno di un interlocutore a Barcellona, altrimenti il ruolo della Spagna in Catalogna, esercitato solo dalla forza della magistratura e della polizia, impedirà l’apertura di un pur difficile dialogo politico. Il ministro della giustizia del governo nazionale aveva fatto capire che Tarull avrebbe potuto esercitare le sue funzioni anche se indagato, aveva smentito che il re volesse o potesse rifiutare di controfirmale la sua nomina, insomma aveva tenuto un profilo dialogante. D’altra parte la giustizia a orologeria, che minaccia di arrestare il presidente della Catalogna designato a 24 ore da quella che avrebbe dovuto essere la sua elezione, suscita perplessità non solo tra gli indipendentisti.

D’altra parte quello che viene definito fronte indipendentista in realtà è tutt’altro che unito e non solo sulla questione cruciale della scelta tra autonomia dentro la Spagna o secessione repubblicana. La Cup vede la repubblica come strumento di una rivoluzione sociale e la rivoluzione sociale come base della repubblica, la Esquerra Republicana tende a tutelare la sua base elettorale operaia, il partito di Puigdemon oscilla paurosamente tra rotture istituzionali e conservazione sociale. Esercitare un’azione di governo regionale renderebbe indispensabile affrontare altri problemi che non siano solo quello istituzionale e indurrebbe alla ricerca di compromessi, mentre finché dura l’assenza di governo prevalgono le esigenze della propaganda, anche perché si fa sempre più strada l’ipotesi di nuove elezioni. In questo clima sembra che sia scomparsa la politica, intesa come strumento per la ricerca di soluzioni e di mediazioni, sia tra la Spagna e la Catalogna, sia all’interno della Catalogna. Prevale la repressione giudiziaria da una parte, l’insubordinazione parolaia dall’altra e questo pesa sul futuro politico e persino sulla qualità della democrazia in Spagna.