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Ucraina. La carità del Papa per i villaggi sotto le bombe a Zaporizhzhia

Giacomo Gambassi, inviato a Zaporizhzhia venerdì 20 gennaio 2023

A Zaporizhzhia il vescovo latino Jan Sobilo mentre accoglie la gente che ha bisogno

Non si può entrare dal portone principale. L’unico accesso alla Cattedrale di Zaporizhzhia è una porta laterale. E c’è un motivo. Dove si apre l’ingresso ufficiale, il vescovo latino Jan Sobilo ha voluto che ci fosse un deposito. Di pacchi di zucchero, di medicine, di kit alimentari, di bottiglie d’acqua. E da poche ore anche di generatori elettrici e di magliette termiche che l’elemosiniere del Papa, il cardinale Konrad Krajewski, ha inviato con un tir partito dalla parrocchia di Santa Sofia, la chiesa dei greco-cattolici a Roma, e che sono appena arrivati. «La casa di Dio è la casa dell’uomo», sorride l’energico pastore d’origine polacca che ufficialmente è l’ausiliare della diocesi di Kharkiv-Zaporizhzhia ma che la gente di questo angolo dell’Ucraina chiama il vescovo di Zaporizhzhia. Il tabernacolo è davanti; l’hub della solidarietà sotto il matroneo dell’organo. Solo un paravento in cui compare una grande croce lo separa dalle panche. Suonano le sirene anti-missile ma nessuno ci fa caso. «Succede a tutte le ore del giorno e della notte. Siamo a quaranta chilometri dal fronte», spiega Sobilo. Perché nella regione il “fronte”, come si è soliti definirlo, corre lungo il confine che separa i territori in mano ai russi da quelli in tutto e per tutto ucraini.

Il deposito di aiuti umanitari dentro la Cattedrale latina di Zaporizhzhia - Gambassi

La carità del Papa ha trovato casa qui, intorno alla linea di demarcazione al di là della quale partono razzi e colpi di artiglieria che hanno reso la città e i paesini sparsi per le campagne luoghi del terrore. «È la quinta volta che il cardinale Krajewski fa giungere un carico fra noi. Ed è venuto anche di persona. Adesso ci dona supporti per affrontare l’inverno. Ci sono agglomerati a ridosso dei punti di combattimento in cui mancano da mesi elettricità e acqua potabile. Tutto ciò dice come papa Francesco ci sia vicino e conosca le nostre necessità». Dalle finestre della Curia si vede uno dei palazzi sventrati di Zaporizhzhia. Com’è accaduto la scorsa settimana a Dnipro, anche qui un missile è piombato su un condomino e lo ha diviso a metà facendo crollare una colonna di appartamenti. «Tutto il nostro edificio ha tremato come se ci fosse un terremoto: era per l’esplosione con la sua onda d’urto – sottolinea il vescovo –. Il nemico continua a seminare morte e distruzione».

Il condominio sventrato da un missile accanto alla Cattedrale latina di Zaporizhzhia - Gambassi

Si giunge fino al cancello della chiesa per chiedere una mano. Sobilo ascolta chiunque si presenti. «In un’area così prossima al fronte, c’è bisogno di tutto. Siamo la porta di accoglienza per quanti fuggono dalle località sotto il controllo di Mosca, la prima città che si incontra quando si evacua e che si è organizzata con diversi centri di sostegno – racconta il vescovo –. In molti scelgono di fermarsi; una parte se ne va quando si accorge che da noi gli attacchi sono frequenti quasi quanto in certe zone occupate». A chi resta e a chi è in transito vanno gli aiuti che l’elemosiniere pontificio fa recapitare. «Tanti non sanno neppure che vengono dal Papa. La carità va fatta in silenzio, senza che la mano destra sappia che cosa fa la sinistra, come insegna il Vangelo. Francesco si piega sulle ferite del popolo ucraino in molti modi: sostenendoci con la preghiera, denunciando nei suoi discorsi l’aggressione che subiamo, favorendo i contatti attraverso la diplomazia vaticana, abbracciando le persone con le spedizioni umanitarie. È davvero l’unico leader al mondo che ha messo al primo posto la gente».

La Cattedrale latina a Zaporizhzhia - Gambassi

Nel parcheggio fra la Cattedrale e la Curia è un pullulare di bancali, furgoncini e auto. «Sette vetture stanno portando gli aiuti in trincea – riferisce il presule –. Dove ci sono gli uomini, là c’è la Chiesa. Anche fra i soldati che ci difendono e che hanno necessità della nostra vicinanza: sia materiale, sia spirituale. Va annunciata la speranza in mezzo all’oscurità del male. E va garantita la cura dell’anima negli ospedali dove i militari sono ricoverati». L’impegno accanto a una città provata dalle bombe ha anche un risvolto ecumenico. «Nella follia della guerra siamo chiamati a testimoniare insieme che Cristo è la nostra salvezza. Abbiamo rapporti costanti con i protestanti. E nel locale Consiglio delle Chiese anche con gli ortodossi della Chiesa ortodossa dell’Ucraina » che è indipendente dal 2018. «Invece gli ortodossi del patriarcato di Mosca non hanno più risposto ad alcun nostro invito dopo l’inizio dell’aggressione». Una pausa. «Per far tacere le armi – conclude Sobilo – serve anzitutto la conversione dei cuori. Ma anche un compatto appoggio del mondo intero all’Ucraina: solo così Putin comprenderà di essere isolato e di non avere altra scelta che fermare la guerra».

Una Messa nella Cattedrale latina di Zaporizhzhia - Gambassi