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Analisi. Le donne ancora assenti ai tavoli dei negoziati. Il ruolo guida dell’Italia

Luca Fratini lunedì 1 aprile 2024

L'autore di questa analisi è diplomatico, Coordinatore Donne, Pace e Sicurezza, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale

Il 31 ottobre del 2000, all’alba del millennio, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha dato vita, con la storica Risoluzione 1325, a un significativo cambiamento nel modo di concepire il ruolo delle donne e delle ragazze nei conflitti armati: da mere vittime degli stessi ad attrici positive della pace. L’Agenda Donne, Pace e Sicurezza si è andata sviluppando in ambito ONU attraverso dieci successive Risoluzioni in materia, tutte vincolanti (dalla capostipite 1325 fino alla più recente, la numero 2493 del 2019). Essa costituisce oggi il riferimento giuridico e politico, nonché il principio ispiratore per l’azione degli Stati membri dell’ONU e delle altre Organizzazioni Internazionali: anche nell’Unione Europea, così come nella NATO, nell’OSCE, nel Consiglio d’Europa l’Italia svolge un ruolo di primo piano nella promozione dell’Agenda e dei suoi valori.

Di cosa si tratta in pratica? Anzitutto di garantire la piena, equa ed efficace partecipazione delle donne nei processi negoziali, nonché in tutte le attività di prevenzione e risoluzione dei conflitti. Come già evidenziato su questo giornale, i numeri sono purtroppo impietosi: sono ancora poche, troppo poche, le donne negoziatrici e mediatrici nel mondo, nonostante lo stesso Segretario Generale dell’ONU Guterres abbia sottolineato, nel suo ultimo rapporto sul tema dell’ottobre 2023, che il coinvolgimento delle donne nei processi di pace rende significativamente più solidi e duraturi gli accordi raggiunti. Tale dato, corroborato da autorevoli studi scientifici, può derivare da molteplici fattori: la proverbiale sensibilità attribuita all’universo femminile, ma anche la minore propensione alla violenza e la capacità pratica delle donne di interagire con fasce di popolazione marginalizzate o svantaggiate, circostanza che rende particolarmente necessaria un’adeguata presenza femminile nelle missioni internazionali di mantenimento della pace. Oltre al meritorio lavoro delle nostre Forze Armate in quest’ultimo ambito, sul versante negoziale l’Italia ha promosso, in occasione del suo più recente mandato come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza (2017), la nascita della Rete di Mediatrici del Mediterraneo, iniziativa divenuta poi un modello per analoghe realtà sorte in altri continenti, in Africa come nell’Asia-Pacifico.

L’aspetto della partecipazione non deve però distogliere l’attenzione dall’impellente necessità di proteggere donne, ragazze e giovani di ogni sesso dalle gravissime violazioni dei diritti umani di cui sono vittime durante i conflitti. Gli esempi sono davanti ai nostri occhi, inesorabili, ogni giorno in molte aree del mondo: dall’Ucraina al Medio Oriente, dall’Afghanistan ai numerosi conflitti che colpiscono il continente africano. Il nostro Paese, in linea con la propria tradizione fondata sui trattati internazionali e sull’universalità dei diritti, opera per assicurare ogni possibile tutela a donne e ragazze vittime di conflitto, a cominciare dal rigetto di ogni forma di violenza sessuale, spesso usata come vera e propria tattica di guerra: come ricordato dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Tajani in occasione della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della violenza contro le donne lo scorso 25 novembre, l’Italia “condanna fermamente ogni tipo di violenza contro le donne, un crimine odioso che costituisce una forma di violazione dei diritti della persona tra le più gravi e le più diffuse al mondo”.

Il terzo pilastro dell’Agenda, quello della prevenzione, è in realtà il primo in ordine cronologico: da esso può dipendere l’insorgere o meno di un conflitto armato. La prevenzione si può declinare in varie forme di azione concreta: il sostegno alle organizzazioni della società civile nei Paesi colpiti da (o a rischio di) conflitto, il finanziamento di programmi educativi e di formazione, lo sviluppo di partenariati locali e internazionali.

Il complesso di Risoluzioni ONU valorizza infine l’imprescindibile aspetto della ripresa e della ricostruzione post-conflitto (relief and recovery), che mira a porre le vittime - in particolare le donne - in condizione di reinserirsi pienamente nel tessuto sociale ed economico del territorio una volta pacificato.

Il ruolo guida dell’Italia nella promozione dell’Agenda Donne, Pace e Sicurezza è universalmente riconosciuto in ambito ONU sin dagli albori. Siamo stati, infatti, fra i primi Paesi a dotarci di un Piano d’Azione Nazionale (PAN) per l’attuazione dell’Agenda, prassi oggi seguita da oltre 100 Paesi in tutto il mondo.

L’attuale PAN italiano, il quarto, copre il periodo 2020-2024 ed è fondato su un virtuoso modello di collaborazione tra la Farnesina, che assicura la realizzazione del Piano attraverso la Direzione Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza (DGAP) ed il Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU), e le Università, Istituti di ricerca ed ONG, selezionati con apposito bando, che provvedono per conto del MAECI all’ideazione e alla realizzazione dei progetti sul terreno.

Il biennio 2024-2025 sarà decisivo per imprimere un ulteriore impulso all’azione italiana in favore dell’Agenda Donne, Pace e Sicurezza. Se da un lato l’anno di Presidenza italiana del G7 offre al nostro Paese l’opportunità di promuovere a livello globale temi emergenti come la lotta alla violenza di genere online, dall’altro l’avvicinarsi del 25esimo anniversario della Risoluzione 1325 chiama gli Stati ad un rinnovato impegno per garantire la sua piena attuazione.

In questo complesso ma dinamico scenario si innesta il lavoro condotto dalla Farnesina per varare il quinto Piano d’Azione Nazionale su Donne, Pace e Sicurezza, destinato ad entrare in vigore nel 2025. Abbiamo di fronte uno sforzo corale che dovrà contare sul più ampio sostegno: non si tratta infatti di un’agenda per le sole donne, ma di una priorità universale che ambisce a vedere donne e ragazze contribuire in maniera determinante al raggiungimento della pace e della sicurezza nel mondo.