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L’inchiesta dell’Aja. «La Russia restituisca i bimbi». E Mosca indaga sul procuratore

Nello Scavo martedì 21 marzo 2023

Karim Khan a Londra

È un momento «cupo» e non di «trionfalismi». Il procuratore capo dell’Aja Karim Khan lo ha detto ai ministri della Giustizia di numerosi Paesi riuniti a Londra per discutere di un maggiore sostegno alla Corte penale internazionale. La Russia non ha nascosto il programma che ha portato migliaia di bambini sotto il proprio controllo, ma lo presenta come una campagna umanitaria per proteggere gli orfani e i bambini abbandonati nelle zone del conflitto. «Io dico di rimpatriare i bambini», ha detto Khan. «Se c’è una parvenza di verità nelle dichiarazioni russe secondo cui l’allontanamento dei minorenni avviene per il bene dei bambini, invece di dare loro un passaporto straniero, restituiteli».

Ma la risposta di Mosca è una «rappresaglia giudiziaria»: l’apertura di un procedimento penale contro il procuratore della Corte penale internazionale e i giudici che hanno emesso il mandato di arresto per il presidente Vladimir Putin. Il procuratore e i giudici sono accusati di «preparare un attacco a un rappresentante di uno Stato straniero che gode di protezione internazionale, al fine di complicare le relazioni internazionali». Sul registro degli indagati a Mosca figurano il procuratore Karim Khan e i giudici Tomoko Akane, Rosario Salvatore Aitala e Sergio Gerardo Ugalde Godinez.

Il mandato di cattura convalidato dal Tribunale internazionale contro Putin deve ancora essere consegnato all’Interpol che poi dovrà diramarlo alle polizie di tutto il mondo, anche quelle di Paesi non aderenti alla Corte internazionale ma che hanno comunque la facoltà di eseguire l’arresto in qualsiasi momento. Una ipotesi che non tranquillizza il Cremlino, poiché anche Paesi apparentemente neutrali o che fino ad ora hanno assicurato fedeltà allo zar potrebbero cambiare idea quando sarebbe troppo tardi per una fuga.

«Un Paese membro, una corte internazionale o un tribunale internazionale possono richiedere un “red alert” sulla base di un mandato d’arresto o di un ordine del tribunale», ha spiegato una fonte dell’Interpol ad Avvenire. «Ad oggi – chiarisce l’Interpol – non è stata ricevuta alcuna richiesta dalla Corte penale internazionale». Putin, dunque, avrebbe ancora tempo per scongiurare la concreta attivazione del mandato di cattura. Tutte le richieste di questo genere, infatti, «vengono esaminate da una task force specializzata per verificarne la conformità allo statuto e al regolamento dell’Interpol», ribadisce l’Organizzazione internazionale di polizia criminale.

Poche ore dopo avere appreso del mandato d’arresto, Vladimir Putin è apparso a Mariupol, mostrandosi indisturbato alla guida di un automobile per le vie della città. Ma anche stavolta la propaganda del Cremlino ha dovuto fare i conti con un fuori programma. Dietro alla piccola folla adorante si sente una donna gridare in russo: «Non è vero. È tutto uno show». Le parole della donna, in lontananza, non sono chiarissime. Ma dopo il suo grido si vedono distintamente gli uomini della sicurezza che si guardano intorno.

Secondo quanto scrive su Twitter Anton Gerashenko, consigliere del ministero dell’Interno ucraino, una delle agenzie stampa russe ha tagliato la scena, ma l’altra no. L’attenzione resta però sui bambini deportati. I dati pubblicati sulla piattaforma “Children of War”, raccoglie le informazioni sulle sparizioni dei “bambini di guerra” ucraini. Il portale oltre alla possibilità di cercare un minore inserendo nome e cognome, offre consulenza e informazioni utili per denunciare o offrire assistenza. «È stato creato come strumento per trovare bambini, salvarli e liberarli da luoghi di trasferimento forzato o deportazione», afferma Daria Gerasymchuk, il commissario autorizzato dal presidente dell’Ucraina per i diritti dei bambini.