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Covid19. Kenya, i resort deserti ora chiudono. Mezzo miliardo di africani in povertà

Paolo M. Alfieri giovedì 22 aprile 2021

La crisi innescata dalla pandemia sta facendo crescere le sacche di povertà nel Kenya, soprattutto tra la gente degli slum che prima trovava lavoro lungo la costa

Alberghi chiusi per almeno altri tre mesi, migliaia di dipendenti a casa, molti più quelli dell’indotto ridotti a centellinare gli ultimi risparmi. L’industria dell’ospitalità keniana diventa il simbolo, in questa fase di pandemia in cui i vaccini ancora faticano ad arrivare e in cui le restrizioni restano in vigore in molti Stati, della drammatica crisi economica africana. In un continente in cui tre quarti della popolazione lavora nel cosiddetto settore informale, in cui guadagnarsi alla giornata di che vivere per sé e per la propria famiglia, il coronavirus picchia più che altrove. Perché è vero che, almeno a livello ufficiale, vittime e contagi in Africa sono inferiori rispetto ad altre aree del mondo, ma i contraccolpi si sentono comunque, soprattutto in assenza di ammortizzatori sociali e welfare all’occidentale.

Il Kenya ha fatto del business del turismo il suo fiore all’occhiello. Ci lavorano oltre 2 milioni di persone e il giro d’affari costituisce almeno il 10 per cento del prodotto interno lordo del Paese. Da un anno a questa parte la mancanza di arrivi dall’estero nelle località turistiche – come Malindi, la preferita dagli italiani – ha ridotto la costa a una zona fantasma. E il calo si sente anche tra i tour operator che si occupano di safari e tra le imprese della capitale Nairobi – vero e proprio hub per le organizzazioni internazionali nella regione – dove il crollo nel numero dei viaggiatori business ha fiaccato un intero settore. Non solo camerieri e personale che si occupa di pulizie, ma anche fornitori, autisti, traduttori, cuochi e tutto quanto gravita intorno all’hospitality è in ginocchio.

Di pari passo, soffrono le casse statali, visto che solo in entrate fiscali in un anno il Kenya ha perso 150 miliardi di scellini (circa 1,17 miliardi di euro), denaro che avrebbe potuto essere usato per l’istruzione, la sanità, la lotta all’insicurezza alimentare. Ancora la scorsa settimana altri quattromila lavoratori sono stati messi in esubero dagli hotel sulla costa. Il presidente Uhuru Kenyatta, per limitare la terza ondata della pandemia, ha vietato gli spostamenti da Nairobi e da altre quattro contee e molti alberghi sono rimasti chiusi durante tutto il periodo pasquale. Nella settimana Santa, quando di solito si registra un boom di arrivi, alcune strutture da 300 posti letto hanno registrato anche solo 10 ospiti, numeri che rendono impossibile restare aperti. Secondo Sam Ikwaye, dirigente di un’associazione di portieri d’albergo, «gli hotel potrebbero restare chiusi per altri tre mesi». Stando a una stima del ministero del Lavoro e della protezione sociale, la pandemia ha già causato la perdita del lavoro per 230mila dipendenti del settore turistico. Oltre alle grandi strutture, sono migliaia le piccole e medie imprese che dipendono da questo comparto, imprese che spesso fanno affidamento anche su lavoratori senza contratto e che vivono alla giornata. Per tutte queste persone, e per i loro familiari, le restrizioni decise a causa della pandemia e il crollo del turismo sono stati devastanti.

Secondo l’organizzazione Save the children, che già da tempo ha lanciato l’allarme per le conseguenze sui bambini dei danni provocati dalla pandemia, «solo il 17,8 per cento degli africani riceve almeno un sussidio in denaro per la protezione sociale e solo il 10 per cento circa della popolazione economicamente attiva è sostenuto da strumenti di sicurezza sociale». La stessa Commissione economica per l’Africa dell’Onu in un suo rapporto appena diffuso ha sottolineato che il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, che si trovavano a fronteggiare molte sfide già prima della pandemia, è sempre più a rischio. È in aumento la disparità di reddito, così come la disuguaglianza nell’accesso all’energia elettrica, e la povertà resta a livelli superiori al 50 per cento soprattutto nella fascia centrale del continente. Circa nove persone estremamente povere su dieci nel mondo vivono in Africa e la Commissione avverte che, se non saranno prese misure sufficienti, l’impatto del Covid-19 spingerà altre 59 milioni di uomini, donne e bambini sotto la soglia di povertà nel 2021, il che porterebbe il numero totale degli africani estremamente poveri a 514 milioni. Tra questi, rischiano di ritrovarsi anche molte delle persone che dipendono dal settore del turismo in Kenya e in altri Paesi del continente e ancora di più, a cascata, i lavoratori dell’economia «informale». L’onda lunga del Covid, in Africa più che altrove, rischia di sommergere troppe vite.