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DIRITTI NEGATI. Kabul, 400 donne ancora in carcere per «reati morali»

Loretta Bricchi Lee giovedì 29 marzo 2012
Le donne afghane continuano ad essere pesantemente discriminate. Un rapporto dell’organizzazione per i diritti civili Human Right Watch, presentato ieri a Kabul, ha evidenziato che almeno 400 donne rimangono imprigionate per «reati morali»: un’incriminazione che comprende l’adulterio e l’abbandono del tetto coniugale. Il portavoce della Corte suprema afghana, Abdul Wakhil Omery, ha insistito che uomini e donne sono trattati equamente dalla legge, e che nel rapporto in questione – intitolato «Sono dovuta fuggire» – non esistono prove che dimostrino illeciti o negligenze nei riguardi dei casi esaminati. Le interviste di 58 donne incarcerate per «crimini morali» – portate a termine da Hrw alla fine del 2011 – presentano però un quadro molto preoccupante. In molte testimonianze, infatti, l’abbandono del tetto coniugale era stata l’ultima risorsa per evitare mariti violenti o matrimoni forzati. Nel caso di Nilofar M., il marito l’avrebbe ripetutamente aggredita con un cacciavite, ma secondo la polizia, le ferite riportate non sarebbero state sufficientemente gravi per farlo arrestare. Sarebbe invece stata arrestata per aver invitato un uomo nell’abitazione. Come ha sottolineato Heather Barr, autrice del documento, «la polizia vede nella vittima di un crimine, un criminale». Tale deviata percezione è chiara soprattutto quando le donne vittima di violenza sessuale o forzate alla prostituzione vengono arrestate per «adulterio» che, in Afghanistan, comprende i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. Spesso, poi, le sentenze – con pene di oltre 10 anni di carcere – vengono decise sulle “confessioni” rilasciate dalle donne in assenza di legali e “firmate” senza essere state riviste dalle accusate che sono spesso analfabete. Human Right Watch ha preso atto che il numero di condannate per «crimini morali» è diminuito in maniera notevole da quando, nell’agosto 2010, l’Onu aveva rivelato 556 detenzioni. Circa 400 afghane rimarrebbero però ancora in carcere nonostante gli Stati Uniti e la Nato – che si preparano al ritiro a fine 2014 – abbiano fatto capire chiaramente a Kabul che il processo di riconciliazione dovrà assicurare il rispetto della Costituzione e l’uguaglianza dei cittadini. Una legge, approvata nel 2009, ha criminalizzato i matrimoni forzati e la compravendita delle donne mentre, recentemente, il presidente afghano Hamid Karzai ha annunciato un’amnistia per le donne fuggite da casa per evitare unioni “combinate”. Il rapporto ha però notato che Karzai, «incapace di mantenere una linea costante in opposizione alle forze conservatrici interne, ha spesso optato per compromessi che hanno avuto un impatto negativo sui diritti delle donne». Nel suo tentativo di mediare con i taleban, avrebbe ad esempio appoggiato un “codice di condotta” emesso da un consiglio di religiosi che permette ai mariti di picchiare le mogli in alcune circostanze.Oltre alle scelte politiche, al fondo del problema ci sarebbero soprattutto questioni culturali. Non solo molte donne una volta rilasciate dal carcere rischiano di essere uccise dalla famiglia “per motivi d’onore”, ma, in generale, la nascita di una femmina non viene bene accolta, tanto che, in base alla pratica centenaria del “Bacha Posh”, sono molte le bambine che crescono fingendosi maschietti. Avere un figlio maschio ha anche risvolti economici vantaggiosi, visto che i ragazzi possono lavorare e aiutare la famiglia. Ecco perché è piuttosto diffusa l’usanza di vestire le bambine con pantaloni e giacca, tagliare loro i capelli e nasconderne l’identità almeno fino ai 17 o 18 anni quando verrà poi imposto loro un marito.