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Stati Uniti. Joe, 22 anni da innocente nel braccio della morte: «La fede mi ha salvato»

Vincenzo R. Spagnolo giovedì 29 novembre 2018

Joe D'Ambrosio oggi ha 56 anni e si batte contro la pena di morte

«Ho trascorso 22 anni nel braccio della morte di una prigione dell’Ohio per un crimine col quale non avevo nulla a che fare...». Joe D’Ambrosio è uno dei tanti americani con un cognome nostrano: «Mamma e papà italiani, you know...». Alto, robusto, ha un tono di voce pacato, mentre racconta ad “Avvenire” la sua agghiacciante odissea giudiziaria. Oggi ha 56 anni. Ne aveva 26 nel 1988, quando la polizia lo arrestò per l’omicidio di un certo Tony Klann. In prigione, condannato a morte, «la fede in Dio e nella mia innocenza mi hanno evitato d’impazzire». Poi l’incontro con padre Neil Kookoothe, sacerdote della parrocchia di St. Clarence a North Olmsted, al quale un compagno di cella aveva detto: credo che quel ragazzo sia innocente. Quel prete lesse gli atti del processo, poi lo guardò negli occhi: «Sei stato tu?». «No».

Col suo aiuto e di un pool di avvocati, nel 2010 il verdetto di colpevolezza è stato ribaltato. Ma Joe non potrà mai scordare quei 22 anni, trascorsi con angoscia in una cella, senza sapere se il prossimo giorno sarebbe stato l’ultimo. «Potrebbe accadere a chiunque, avevo svolto un onorevole servizio militare, mai problemi con la legge. Un giorno qualcuno ha puntato il dito contro di me e sono finito nel “death row”. Dio mi ha aiutato a venirne fuori». Adesso si batte per chi è rimasto nel braccio della morte: «Dico loro: siate forti, non mollate, lavoriamo per aiutarvi». Poi si rivolge ai governi: «Stop! È una pazzia, senza alcuna ragione. Se dai l’ergastolo a un innocente, c’è comunque la possibilità di scoprire l’errore e scarcerarlo. Ma se lo uccidi, non potrai fare più niente».