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Ankara. Turchia, nel mirino i curdi in Siria

lunedì 27 luglio 2015
Ancora un villaggio curdo siriano nel mirino delle truppe di Ankara. I carri armati turchi hanno colpito nella notte Zur Maghar, nel nord della Siria, ferendo almeno quattro combattenti alleati dell'Ypg, le Unità di protezione del popolo curdo. Feriti anche diversi abitanti del villaggio. Zur Maghar si trova al confine tra Siria e Turchia, a est della città di Jarabulus, che è in mano all'Is. A dare la notizia sono le stesse milizie curde, ma i fatti sono confermati anche dall'Osservatorio siriano per i diritti umani, espressione dell'Esercito libero siriano, che lotta contro il governo e contro l'Is. La Turchia invece nega di avere bombardato postazioni delle Unità di protezione popolare (Ypg) in Siria. «Non manderemo truppe di terra». Il premier turco Ahmet Davutoglu ha dichiarato che la Turchia non invierà truppe di terra nella vicina Siria, dove da venerdì sono in corso raid aerei guidati da Ankara contro lo Stato Islamico (Is) che potranno "cambiare l'equilibrio" della regione. Il primo ministro ha aggiunto: "Non vogliamo vedere Daesh (acronimo arabo dell'Is, ndr) al nostro confine". La richiesta di una "no-fly zone". Davutoglu ha sottolineato l'importanza di una "copertura aerea per l'Esercito libero siriano e altri elementi moderati che stanno combattendo Daesh", insistendo sulla necessità di creare una no-fly zone. "Se noi non manderemo truppe di terra - e non lo faremo - allora certi elementi che collaborano con noi sul campo devono essere protetti", ha spiegato. Su richiesta della Turchia, martedì la Nato si riunirà a Bruxelles - a livello di ambasciatori - per discutere le operazioni militari contro l'Is e il Pkk. La "no-fly zone parziale" chiesta da Ankara dovrebbe estendersi per circa 90 chilometri tra le località siriane di Mare e Cerablus, sul confine con la Turchia, per una profondità di 40-50 chilometri. Attentato del Pkk contro soldati turchi. Sanguinosa risposta dei ribelli curdi, domenica, all'offensiva dell'artiglieria turca contro i miliziani del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) in Iraq, avviata venerdì in contemporanea con i bombardamenti aerei contro i jihadisti dello Stato islamico (Is) in Siria. Un'autobomba è stata fatta esplodere contro un veicolo militare nel sud-est della Turchia a maggioranza curda, uccidendo due soldati e ferendone altri quattro. La fine del cessate il fuoco dichiarata sabato dal Pkk si è dunque già concretizzata. L'attentato, avvenuto nei pressi della città di Diyarbakir, secondo il governatore locale è sicuramente opera dell'"organizzazione terrorista e separatista" curda (così viene definito da Ankara il movimento curdo in rivolta dal 1984), che peraltro non l'ha rivendicato. Aveva però chiaramente detto fin dall'inizio dei bombardamenti turchi che le condizioni "per mantenere in vigore la tregua dichiarata nel 2013 sono state infrante" e "di fronte all'aggressione abbiamo il diritto di difenderci". Gli Usa a fianco di Ankara. Di diritto alla difesa, ma a favore della Turchia, hanno parlato gli Stati Uniti. Il portavoce della Casa Bianca, Alistair Baskey, ha condannato con decisione il Pkk spezzando ben più di una lancia a favore del presidente Recep Tayyp Erdogan. Il Partito dei lavoratori del Kurdistan, ha detto, deve rinunciare al terrorismo e sedersi nuovamente al tavolo delle trattative con il governo turco. Un invito che ha ben poche speranze di essere accolto visto che anche le trattative di pace avviate nell'autunno 2012 dal regime di Erdogan con il capo del Pkk Abdullah Ocalan (in carcere) non hanno portato a nessuna reale intesa. Pugno duro di Erdogan contro attivisti curdi. La svolta anti-terrorismo di Erdogan sembra comunque più che decisa. E include tra gli obiettivi anche i curdi. Domenica è stata vietata una manifestazione per la pace indetta a Istanbul, con la motivazione che gruppi fuorilegge avrebbero potuto usarla per "provocare" e scatenare disordini. Gli organizzatori l'hanno annullata. Manifestazioni sono state invece represse con la forza in altre città, soprattutto nel nord-est a maggioranza curdo. A Cizre, sempre domenica, un uomo è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco in scontri tra polizia e manifestanti filo-curdi. Scontri a Istanbul. Anche in un quartiere periferico di Istanbul comunque la domenica non si è conclusa tranquillamente. Gruppi di dimostranti hanno scagliato sassi, bombe carta e bottiglie incendiare contro i poliziotti, che hanno risposto caricando.