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ESCALATION IN IRAQ. Al-Qaeda: cristiani nel mirino Morto il terzo sacerdote

mercoledì 3 novembre 2010
Salgono a tre i sacerdoti morti in Iraq in seguito all'assalto terroristico di domenica scorsa a Baghdad alla cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso. Oltre a padre Thàir Saad e padre Boutros Wasim - riferisce la Radio Vaticana citando l'agenzia cattolica Zenit - è morto anche padre Qatin. Il sacerdote, rimasto ferito durante l'attacco, è deceduto dopo il ricovero in ospedale. Il bilancio complessivo è di almeno 58 morti, tra cui donne e bambini.Intanto l'ala irachena di al-Qaeda ha affermato che i cristiani sono da ora in poi «bersagli legittimi», dopo lo scadere dell'ultimatum in cui ingiungeva alla chiesa copta egiziana di liberare due donne. Lo riferisce il centro americano di monitoraggio dei siti integralisti Site.Nel rivendicare il sanguinoso attacco, domenica, a una chiesa cristiana a Baghdad, lo Stato islamico d'Iraq (Isi) aveva dato un ultimatum di 48 ore alla chiesa copta d'Egitto per «liberare» due cristiane che affermava essersi convertite all'Islam e «imprigionate in monasteri» egiziani. «L'ultimatum è scaduto... Di conseguenza - afferma il comunicato di al-Qaeda - tutti i centri, organizzazioni, istituzioni, dirigenti e fedeli cristiani sono bersagli legittimi per i mujaheddin, ovunque possano colpirli».L'Egitto ha sempre smentito la circostanza, spiegando che le due donne copte si sono rifugiate in posto sicuro «per la forte pressione sociale che subivano». A riferirlo al telefono è Samia Sidhom, direttore editoriale al Cairo di El Watani, storico settimanale dei copti d'Egitto con sede anche a New York. «Avevano lasciato le loro case per disaccordi familiari, ma non vi è stata da parte loro alcuna conversione all'islam, come hanno confermato anche le massime autorità religiose musulmane». Di certo c'è il fatto che i cristiani iracheni sono terrorizzati. Il vescovo caldeo di Baghdad, Shlimoune Warduni, ha espresso timore per la situazione «molto negativa e pericolosa per la sua comunità». «I cristiani potrebbero essere danneggiati. Potrebbe anche essere costretti a lasciare il Paese», ha detto Warduni. «Ma dobbiamo essere forti e pronti a tutto», ha sottolineato.«L'avvenire dei cristiani nei Paesi a maggioranza musulmana è diventato aleatorio» e la loro migrazione appare «irreversibile»: ad affermarlo è monsignor Antonio Maria Vegliò, presidente delPontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, in un intervento che farà il prossimo 5 novembre a un convegno sulle Chiese orientali a Sofia. Nel testo il presule ribadisce che la Chiesa cattolica farà tutto il possibile perchè i cristiani rimangano nelle loro terre, ma ciò appare molto problematico. BOMBE A BAGHDAD DOPO L'ADDIO AI CATTOLICILe foto giganti di padre Wassim e di padre Athir in alto, come a guidare per l’ultima volta il loro popolo: centinaia di cristiani verso le 13 hanno attraversato il quartiere di Karrada fino alla cattedrale caldea di San Giuseppe per l’estremo saluto ai martiri della Messa di Ognissanti. Un momento di dolore profondo che ha preceduto di poche ore un’altra strage nella capitale: una raffica di autobomba ha seminato la morte nei quartieri sciiti con oltre settanta vittime.Nell’omelia il patriarca caldeo Emmanuel III Delli aveva da poco commemorato la strage di domenica sera alla cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del perpetuo soccorso, a pochi chilometri di distanza. «Erano andati in chiesa per pregare Dio e per compiere il loro dovere di religiosi, ma la mano del diavolo è entrata fin dentro quel luogo di culto per uccidere». Una mano diabolica – quella del commando di al-Qaeda – che è giunta a colpire domenica anche donne e bambini in preghiera.A fianco del patriarca l’arcivescovo siro-cattolico di Mosul, George Casmoussa, e l’arcivescovo siro-cattolico di Baghdad Athanase Mati Shaba Matoka. A quest’ultimo è indirizzato il telegramma di Benedetto XVI, «profondamente commosso» per la morte di tanti fedeli. «Da anni – continua il messaggio di cordoglio del Papa – questo amato Paese soffre indicibili pene e anche i cristiani sono divenuti oggetto di efferati attacchi» che «minano la fiducia e la civile convivenza». Per questo l’arcivescovo Chullikat, osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha chiesto alla comunità internazionale di sforzarsi per «tutelare la libertà religiosa».Un giorno di lutto, un richiamo all’unità nazionale e di solidarietà internazionale, ma neanche la strage di Ognissanti riesce a riportare un attimo di tregua: undici autobomba, quando i funerali erano terminati, hanno seminato altra morte e distruzione nei quartieri sciiti di Baghdad.Solo uno squarcio di pietà fino a sera, per consentire i funerali. All’inizio della liturgia sono solo sette le bare allineate di fronte all’altare, ma alla fine sono quindici i feretri. Molti sono arrivati alla spicciolata con il loro corteo di sofferenza e disperazione ma ancora la volontà di fare comunità, di serrare le fila nell’estremo dolore.Quello di domenica è stato il peggiore attacco contro la minoranza cristiana da quando nel 2003 è caduto il regime di Saddam Hussein: 46 fedeli uccisi – fra cui due sacerdoti: padre Taher Saadallah Boutros, 32 anni e padre Wassim Sabih, 27 anni – con sette agenti di polizia. Uccisi pure, secondo il ministero degli Interni, i cinque membri del commando dello «Stato islamico in Iraq», una sessantina i feriti. La strage di Ognissanti, destinata a restare nella storia delle persecuzioni dei cristiani in Iraq, di ora in ora rivela particolari terrificanti. Padre Taher «stava leggendo un passaggio della Bibbia quando uomini armati sono arrivati», ha raccontato uno dei superstiti. «Uccidetemi, ma lasciate i miei fratelli in pace», sarebbe stato il suo ultimo urlo prima che gli sparassero un proiettile alla tempia. L’attacco del commando è iniziato verso le sei di sera con gli ostaggi poi rinchiusi in una stanza mentre i terroristi sparavano all’impazzata ovunque. Il blitz per liberarli verso le 21 di domenica: due componenti del commando sono stati uccisi dai cecchini della polizia, tre si sono fatti saltare in aria mentre cinque sono stati arrestati. Il blitz delle forze speciali, sempre secondo il ministero degli Interni, ha consentito di liberare 135 ostaggi mentre 38 sono stati uccisi dalla detonazione delle cinture esplosive.Le prime indagini hanno subito aperto dubbi su un intreccio di responsabilità poco chiare: il ministro per la Sicurezza nazionale, Sherwan al-Waili, ha rivelato che dieci giorni fa erano state diffuse informazioni di intelligence secondo cui al-Qaeda stava pianificando di attaccare delle chiese. Un allarme ignorato dalle forze di sicurezza. Per questo è stata aperta una inchiesta mentre il primo ministro Nouri al-Maliki ha disposto la rimozione e l’arresto immediato del comandante militare responsabile della sicurezza nel quartiere Karrada. Il premier Maliki ha anche lanciato un appello ai cristiani a restare in Iraq e a «non consentire al nemico di svuotare il Paese delle sue comunità cristiane». Il governo ha pure assicurato che si prenderà cura dei feriti e delle famiglie delle vittime e ricostruirà la cattedrale di Nostra Signora del perpetuo soccorso.Magre consolazioni come travolte da altro sangue innocente: a sera undici autobomba hanno colpito a raffica nella capitale prendendo a bersaglio alcuni ristoranti, locali pubblici, posti di polizia e luoghi di culto sciiti: 73 morti e oltre 300 feriti in un bilancio provvisorio. Presi di mira i quartieri di Abu Dasheer, Sadr city, Ur, Bayya, Jihad, Baghdad al Jedida, Yermouk, Shiùla, Kadhimiya, Rashdiya, Ghazaliya. Poco più tardi, tre colpi di mortaio si sono inoltre abbattuti nei pressi della moschea sciita di Jawadiya, nel quartiere Geriyat.  Una capitale irachena di fatto sotto attacco per cui è stato imposto il coprifuoco fino a nuovo ordine mentre per evitare altri attacchi, sono state chiuse tutte le vie d’accesso a Baghdad. Ancora sangue su sangue, e una violenza che non permette neanche un po’ di umana pietà. Luca Geronico