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La guerra. Iraq, raid siriani sugli jihadisti al nord

martedì 24 giugno 2014
Aerei del regime siriano (e non droni americani, come si era pensato inizialmente) hanno compiuto raid contro postazioni di miliziani qaedisti a ridosso del confine siro-iracheno: lo afferma la tv panaraba al Arabiya, che cita fonti tribali della zona frontaliera irachena di al Qaim.Intanto almeno 19 persone sono rimaste uccise e 17 ferite in un raid aereo delle forze armate irachene su Baiji, la città che ospita la raffineria più grande del Paese. I ribelli sunniti hanno reso noto di aver preso il pieno controllo degli impianti che garantiscono un terzo del fabbisogno di petrolio raffinato del Paese, ma Baghdad nega e sostiene che le forze di sicurezza stanno respingendo gli attacchi dei miliziani.I ribelli, guidati dagli jihadisti dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (Isis), hanno fin qui conquistato vaste aree di cinque province e si trovano ormai a meno di cento chilometri dalla capitale Baghdad. Oltre ai morti (stimati in un migliaio), sono state diverse le persone rapite dai miliziani, soprattutto straniere, come i 48 cittadini turchi portati via dal consolato di Mosul e circa 40 indiani che lavoravano per una compagnia di costruzioni irachena, rapiti il 18 giugno.Kerry preme per un governo di unità nazionaleProsegue intanto la visita in Iraq del segretario di Stato americano, John Kerry, che dopo aver visto lunedì il premier Nuri al-Maliki stamani è andato nel nord del Paese per fare pressione sui curdi iracheni perché "contribuiscano attivamente" a risolvere la crisi. Nelle stesse ore il capo della diplomazia Usa ha rilasciato un'intervista alla Cbs in cui ha assicurato che l'amministrazione Obama "è del tutto pronta a usare la forza militare" per aiutare il governo iracheno, ma non "fin quando ci sarà un vuoto di potere nel Paese"."L'attenzione del presidente Barack Obama e la mia personale è sulla formazione del governo", ha spiegato Kerry, qualsiaisi eventuale azione militare "è collegata al successo di lungo termine che può garantire solo una leadership che unisca l'Iraq". Parole che suonano come un invito implicito al premier al-Maliki a farsi da parte e a consentire la nascita di un esecutivo di unità nazionale.L'Onu: mille morti in meno di un meseIn 17 giorni di conflitto in Iraq hanno perso la vita oltre mille persone, tre quarti delle quali civili. Il bilancio è stato fornito a Ginevra da un portavoce dell'Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, Ruper Colville, secondo il quale dal 5 giugno, data di inizio dell'offensiva dei militanti dell'Isil, al 22 giugno ci sono stati 1.075 morti e 658 feriti.Le vittime civili nelle province di Nineveh, Diyala e Salah al-Din sono almeno 757, con altri 599 feriti. Gran parte delle uccisioni sono avvenute tramite "esecuzioni sommarie ed extra giudiziali di civili, poliziotti e soldati".