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IRAN. Rohani come Ahmadinejad: «Via Israele»

Federica Zoja sabato 3 agosto 2013

​Neanche due mesi fa l’elezione del “moderato” Hassan Rohani come nuovo presidente iraniano aveva fatto ben sperare, in particolare per la sicurezza di Israele e la soluzione della crisi siriana, in cui Teheran gioca un ruolo politico-militare di primo piano. Ora, la doccia fredda.

A sgonfiare la bolla delle illusioni, alla vigilia del proprio insediamento (domani) sulla poltrona occupata da Mahmoud Ahmadinejad negli ultimi otto anni, ci ha pensato Rohani stesso: «Il regime sionista è una ferita inflitta da anni sul corpo del mondo musulmano che va mondata», ha detto ieri il vincitore delle elezioni del 14 giugno. Poi, attingendo al lessico denigratorio che ha caratterizzato la passata presidenza, ha aggiunto: «Israele è un corpo estraneo nella regione e va sradicato». L’occasione è stata la Giornata mondiale di al-Quds, nata nel 1979 nella Repubblica islamica di Khomeini per protestare contro l’esistenza dello Stato di Israele. Ieri, come ogni anno, centinaia di migliaia di iraniani hanno risposto all’appello del ministero degli Affari esteri iraniano a scendere in piazza per una Gerusalemme palestinese. Le esternazioni di Rohani sono state condite di arrugginito anti-americanismo: per gli Usa il tavolo di pace israelo-palestinese è «una buona opportunità di paludarsi da attore pacifico, laddove la sua natura continua a essere quella dell’aggressore». Poco prima, passando il testimone al successore, Ahmadinejad aveva tuonato: «Voglio informarvi che una devastante tempesta sta per abbattersi su Israele per sradicare il sionismo».

Immediata la reazione del premier israeliano Benjamin Netanyahu: «Il vero volto di Hassan Rohani è stato svelato prima ancora di quanto si prevedesse. In Iran il presidente è cambiato, ma non cambiano gli obiettivi del regime: ossia ottenere armi nucleari per minacciare Israele, il Medio Oriente e il mondo intero».Poco più tardi, da Teheran è arrivata una sorta di «ritrattazione» da parte della Tv di Stato iraniana, che ha accusato le agenzie Mehr e Isna di aver «distorto» il pensiero di Rohani. Ma non è certo servita a molto. E se il buongiorno si vede dal mattino, la nuova presidenza iraniana non sarà di sollievo per il tormentato quadrante mediorientale. Meno di un anno fa, l’urgenza di un intervento militare per porre fine alle ambizioni atomiche di Teheran, per nulla frenate da sanzioni mai così dure, si fermò sulla soglia delle elezioni statunitensi e israeliane. Ora, confermati Barack Obama e Netanyahu – e, forse, pure la linea conservatrice della politica estera iraniana – potrebbe ripresentarsi l’incubo di un nuovo conflitto mediorientale. Le diplomazie occidentali si aggrappano alle parole del “primo” Rohani: «Per noi la ripresa economica è più importante del nucleare», «siamo desiderosi di inaugurare un cammino di moderazione con l’Occidente», aveva detto. In quest’ottica, rimane una speranza, cioè che il vero obiettivo delle dichiarazioni di ieri fosse di propaganda interna. Per incassare la fiducia anche dei conservatori più diffidenti.massa''.