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Iran, «bis» dei moderati: Rohani vince di nuovo

LUCA MIELE domenica 1 maggio 2016
Nessun “azzoppamento”. Il secondo turno delle elezioni legislative, tenutesi venerdì in Iran, non mutila, come si temeva, la vittoria del fronte moderato e conservatore. Ma anzi consolida il “terremoto” che ha ridisegnato gli equilibri, a favore del fronte moderato, all’interno del Parlamento che per la prima volta dal 2004 vede i conservatori perdere il primato. I risultati sono ufficiali. La “Lista della speranza” alleata del pragmatico presidente Hassan Rohani ha ottenuto altri 38 seggi, oltre il doppio dei diciotto raccolti dai conservatori della “Grande coalizione principalista”, mentre agli indipendenti ne sono andati dodici. Sommandoli a quelli assegnati nel primo turno del 26 febbraio scorso, con 120-130 deputati su un totale di 290 la Lista della speranza sarà il primo partito nel nuovo Maj-lis, il Parlamento monocamerale di Teheran che s’insedierà il mese prossimo. I fedelissimi della Guida Suprema, che prima detenevano la maggioranza assoluta, si dovranno accontentare di 84-90 deputati. Resta l’incognita degli indipendenti, che saranno più di un’ottantina nel prossimo Majlis e che vengono assimilati ora ad uno e ora ad un altro schieramento. I riformisti non hanno tuttavia raggiunto la maggioranza assoluta, e dovranno dunque scendere a patti con le formazioni minori, come la moderata “Coalizione della voce popolare”. L’affluenza è stata del 59% dei 17 milioni di elettori chiamati nuovamente alle urne. Rispetto ai ballottaggi delle precedenti elezioni parlamentari, i votanti sono aumentati del 3%, ha spiegato il portavoce del Ministero degli Interni , Hossein-Ali Amiri. Nel primo turno hanno votato il 62% di circa 55 di elettori a livello nazionale. Il voto ha anche consolidato la presenza delle donne all’interno del Parlamento: 18 quelle elette, 8 in più rispetto al voto del 2012. Si tratta dell’Assemblea con il più alto numero di donne presenti nella storia del Paese pre e post rivoluzione islamica del 1979. A un anno dalle elezioni presidenziali in cui Hassan Rohani dovrebbe presentarsi per un secondo (e ultimo) mandato di quattro anni, questi risultati rappresentano anche una vittoria personale per il presidente. Dal 2013 ha portato avanti una politica di riavvicinamento con la comunità internazionale, culminata nel luglio 2015 con l’accordo storico sul programma nucleare iraniano con le grandi potenze. Una politica che ha conquistato le grandi città, a cominciare da Teheran (dove due giorni fa non si è votato, perché già al primo turno i 30 seggi in palio sono stati vinti dai riformatori e candidati moderati) e che ora pare vidimata anche da svariati centri di provincia, tradizionalmente meno propensi ai cambiamenti. Gli ostacoli e le tensioni non mancano. Negli ultimi giorni, specie dopo la decisione della Corte Suprema Usa di requisire due miliardi di dollari di proprietà iraniana per risarcire parenti di vittime del terrorismo, l’accordo sul nucleare è stato molto contestato dai “falchi” della Repubblica islamica. I poteri del Parlamento sono limitati in rapporto alle altre istituzioni del regime iraniano, in primis il Consiglio dei Guardiani della costituzione, in parte composto dai religiosi nominati dalla guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. Ma la svolta è netta. E promette sviluppi importanti. © RIPRODUZIONE RISERVATA PIÙ FORTE. Il presidente Hassan Rohani (Ap)