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CONVIVENZA NEL MIRINO. Il vescovo di Islamabad: «Non vivremo nelle catacombe»

Paolo Lambruschi mercoledì 17 novembre 2010
dal nostro inviato a Rawalpindi Per entrare nel vescovado di Rawalpindi, circondato da alte mura munite di filo spinato, bisogna superare i controlli. Solo quando la guardia alza la sbarra si accede al territorio consacrato, che comprende la cattedrale di San Giuseppe, la scuola cattolica, un convento delle figlie di San Paolo, la libreria e la casa del vescovo. Questo terreno consacrato deve proteggersi dai terroristi perché, specialmente nell’ultimo decennio, i siti religiosi sono considerati a rischio attentati da parte di al-Qaeda e dei taleban.Anthony Rufin, 70 anni, è stato consacrato nel 2009 vescovo della diocesi di Islamabad e Rawalpindi. Segretario della conferenza episcopale, viene da Khushpur, villaggio cristiano vicino alla grande città di Faisalabad. Lo stesso luogo che ha dato i natali al ministro per le minoranze religiose Bhatti, primo cattolico a sedere su una poltrona governativa nella storia nazionale. Rufin era il suo catechista, oggi entrambi sono in prima linea nella battaglia per liberare Asia Bibbi, la mamma condannata a morte per blasfemia e le altre persone che hanno subito la sua sorte. E per abolire la legge iniqua che le ha condannate..La diocesi guidata da Rufin, la terza del paese, conta 181 mila fedeli, 31 sacerdoti e ha un’attività rilevante soprattutto nel campo dell’educazione con 82 scuole.Vi sentite in pericolo?La situazione è peggiorata. In Iraq al-Qaeda ha definito obiettivo legittimo tutto ciò che è cristiano. Non pensiamo che qui si arrivi a tanto. Il dialogo è possibile. Finora le chiese non sono state prese di mira a differenza di moschee, caserme e commissariati. Ma siamo a rischio. Ci affidiamo a Dio.Chi studia nelle scuole cattoliche? In larga misura studenti islamici. Formiamo da decenni la classe dirigente pachistana. Un esempio? Benazir Bhutto ha studiato alla scuola del convento di Gesù e Maria a Murree, a sud di Islamabad. Sempre a sud, a Multan, nel liceo dei Fratelli delle Scuole cristiane si è diplomato l’attuale primo ministro Gilani. E questo non aiuta a riconoscere piena cittadinanza ai cristiani?No, la legge sulla blasfemia resta un grosso limite per la nostra vita quotidiana perché ci espone ad abusi e alle violenze degli integralisti. Viene usata magari per vendette personali e si trasforma in persecuzione. Va abolita, è anticostituzionale. Anche la società civile del Paese si sta mobilitando su questo tema, compresi molti intellettuali islamici moderati. Ma l’influenza politica dei fondamentalisti è molto forte, non sarà facile abolire o emendare la legge.Come si finisce in carcere per blasfemia?Il caso di Asia Bibi è illuminante. La maggioranza dei cristiani, che sono il 3 per cento della popolazione di un Paese che ha 162 milioni di abitanti, è povera. Sono soprattutto operai e contadini che non hanno studiato, persone semplici. Spesso accade che un cristiano mentre entra in un negozio o sta lavorando, si senta rivolgere all’improvviso domande sulla sua fede. Affermare di credere in Cristo e spiegarne le ragioni basta a far scattare la denuncia per blasfemia. Noi mettiamo in guardia i fedeli dal tenere discussioni religiose in pubblico. Ma la legge viola i diritti umani.Nutre speranze per Asia?Sì, grazie a questa mobilitazione. Per ora resta in prigione, ma è meglio. Se uscisse sarebbe infatti marchiata a vita e priva di protezione. Si troverebbe esposta alla rabbia degli integralisti che cercherebbero a ogni costo di ucciderla.C’è il rischio che i cristiani fuggano dal Pakistan?Molti, soprattutto i giovani, vorrebbero andarsene , ma serve molto denaro per emigrare. Noi cristiani siamo uniti, spesso con i protestanti formiamo una sola comunità. Non dobbiamo avere paura né vivere nelle catacombe. Dobbiamo avere speranza, ma voi non lasciateci soli.