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IL PATRIARCA LIBANESE. «Stati influenti non vogliono la pace in Medio Oriente»

Salvatore Mazza lunedì 25 novembre 2013
«Purtroppo niente e cambiato». I cristiani «continuano a lasciare la loro terra», sotto la pressione della guerra e degli «attacchi non giustificati» rivolti contro di loro. Tutto questo perché «gli Stati influenti non vogliono la pace», mentre «si acuisce il conflitto tra sunniti e sciiti». È un quadro della situazione molto preoccupato quello che il cardinale libanese Bechara Rai, patriarca di Antiochia dei Maroniti, traccia della situazione attuale in Medio Oriente, all’indomani dell’incontro di tutti i Patriarchi orientali col Papa.A poco più di un anno dalla visita di Benedetto XVI in Libano, la realtà in tutto il Medio Oriente sembra ancora più difficile. E pochi giorni fa, tra l’altro, la "novità" di un attentato diretto contro l’Iran. Che cosa è cambiato in questi mesi?La visita di Benedetto XVI ha tracciato un cammino, e ha dato un impulso di fede e di speranza per il nostro popolo, sia in Libano, sia in altri Paesi del Medio Oriente. Tuttavia, se guardiamo agli avvenimenti in Siria, Iraq ed Egitto, come anche al conflitto politico tra sunniti e sciiti in Libano, legato a quello in corso nel Medio Oriente, particolarmente in Iraq e in Siria, purtroppo niente è cambiato.Come mai?La causa è che la comunità internazionale, gli Stati influenti, non hanno l’intenzione di stabilire la pace e la giustizia. Noi vediamo che gli interessi politici ed economici stanno acutizzando i conflitti armati, sanguinosi e politici tra i musulmani sunniti e sciiti, come tra moderati e fondamentalisti. Comunque noi confidiamo nella forza della preghiera come la vera arma per stabilire pace, giustizia e concordia tra i popoli e le nazioni.Papa Francesco ha lanciato un forte appello perché i cristiani non lascino la vostra terra. Il fenomeno sta rallentando o è in crescita? E lo si può arrestare?Finché persistono la guerra, gli attacchi e le minacce non giustificati contro i cristiani, questi ultimi sono costretti a lasciare i loro Paesi. Noi invece li incoraggiamo a rimanere nelle loro terre con le parole, e le iniziative che offrono loro le possibilità di lavoro e di sostentamento, ricordando loro che noi cristiani siamo cittadini nei nostri Paesi d’Oriente già da 2000 anni e che vi abbiamo seminato i valori del Vangelo e del cristianesimo, contribuendo molto allo sviluppo culturale, economico, sociale, commerciale e politico delle nostre nazioni. Però, bisogna che la comunità internazionale metta più sforzi per far cessare le guerre e dare soluzione politica ai conflitti in corso, a cominciare dal conflitto di base israelo-palestinese, diventato anche israelo-arabo, e arrivare a una intesa tra gli stati Sunniti e gli stati Sciiti. Non è ammissibile che gli interessi economici degli Stati e il commercio delle armi soppiantino i valori della pace e della giustizia tra i popoli e le nazioni, che le nostre Chiese continuano a promuovere.Il Papa ha ripetuto che "non è possibile rassegnarsi a un Medio Oriente senza cristiani", qual è l’impegno delle vostre comunità?Noi, tutte le Chiese Orientali, operiamo collettivamente e singolarmente per la pace, per lo sviluppo, per il consolidamento della fede cristiana, per la formazione dei giovani, per la perseveranza e la pazienza dei cristiani e per l’unità della famiglia e la pastorale del matrimonio e della famiglia. Nello stesso tempo, le Chiese d’Oriente operano anche presso i responsabili politici per creare ponti di intesa, di dialogo e di riconciliazione, e sollecitano anche l’intervento del Santo Padre e la mediazione della Santa Sede, tenendoli informati oggettivamente su tutto quello che sta succedendo nella nostra regione.